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Liberazione. Partigiani Nisseni: “Ciro” ricordato al liceo Ruggero Settimo

Redazione

Liberazione. Partigiani Nisseni: “Ciro” ricordato al liceo Ruggero Settimo

Mer, 25/04/2018 - 00:43

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Caltanissetta e la sua storia a pieno titolo dentro la festa della Liberazione: in occasione del 25 aprile, per il terzo anno consecutivo, il Liceo Classico, Linguistico e Coreutico “Ruggero Settimo” ha ricordato un partigiano nisseno, Salvatore Cacciatore “Ciro”, in una partecipatissima lezione multimediale e multidisciplinare, di storia, letteratura, musica e teatro per le classi dell’ultimo anno, riunite in aula magna lunedì 23 su iniziativa dei docenti del Dipartimento Storico-sociale (Melina Aliotta, Angela Baiomazzola, Anna Ballacchino, Maria Filippa Cantello, Fiorella Falci, Salvatore Farina, Letizia Lo Vecchio).

Dopo Pompeo Colajanni “Barbato” e Gino Cortese “Ilio”, studiati negli ultimi due anni, questa volta è stata raccontata e rappresentata la vicenda di un giovane comandante partigiano partito da Caltanissetta e ucciso a Belluno, dopo essere stato barbaramente torturato dai nazisti: “Ciro” il suo nome di battaglia, impiccato sulla piazza principale il 17 marzo 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, insieme a tre compagni di lotta.

A loro la città di Belluno ha subito dedicato quel luogo, che è diventato la Piazza dei Martiri, con una targa che ricorda il nostro concittadino ed il suo nome di combattente partigiano, ma per oltre trent’anni nella nostra città nessuno ha conosciuto la sua storia, neppure la sua famiglia, che lo ha creduto disperso in Russia.

Nell’archivio dell’Istituto Storico Bellunese della Resistenza sono raccolti i documenti che hanno permesso di ricostruire la sua esperienza, sin dall’adolescenza. Ma di lui si è occupata anche la letteratura: prima Matteo Collura che ne L’isola senza ponte (2007) gli ha dedicato un intero capitolo, e poi Enzo Barnabà con il suo romanzo storico, Il Partigiano di piazza dei Martiri, uscito nel 2013, con una ricca appendice documentaria, che ne ha ricostruito la vicenda a partire dalla ricerca del figlio, nato a Caltanissetta dalla fidanzata che non ebbe il tempo di sposare e che non lo ha mai conosciuto.

Brani di questi testi sono stati letti dagli studenti con particolare emozione: Arianna Gallo (V BL), Viviana Giunta (VA), Dario Ciresi (VB), Matteo Giannone, Anna Maria Vaccaro e Francesco Iacona (VC), ricostruendo in forma di oratorio laico in prosa la storia del partigiano Ciro e le vicende drammatiche della sua morte.

Salvatore Cacciatore era nato nel 1920 ad Aragona (dove il padre prestava servizio come ferroviere), ma si era poi stabilito con la famiglia a Caltanissetta, dove hanno sempre vissuto i suoi fratelli (uno dei quali, Stefano, è stato per anni segretario provinciale della UIL).

Aveva compiuto gli studi classici con profitto a Palermo, nel Seminario arcivescovile, dove aveva anche pronunciato la professione religiosa temporanea nel 1936, ma con lo scoppio della guerra non si era sottratto al servizio militare ed era stato mandato a combattere in Libia, dove era stato ferito in combattimento, nel 1942.

Rimandato in zona di guerra in Friuli, a Cordenons, dopo una breve convalescenza a Caltanissetta, nei giorni dell’armistizio e dello sfaldamento dell’esercito italiano si sposta in Jugoslavia dove entra in contatto con i partigiani e matura un orientamento politico antifascista, che lo porta a rientrare in Italia per combattere con le Brigate Garibaldi tra Belluno e le montagne del Cadore e della Carnia.

Diventa il comandante del distaccamento Willy della Brigata Bixio del Battaglione Gramsci, e i documenti che parlano del suo arresto a Belluno lo definiscono “il capo dei partigiani” che operavano nella zona.

Esuberante, cordiale, spericolato tanto da circolare nelle zone occupate dai nazisti travestito da soldato tedesco, spesso in ricognizione disarmato per evitare rappresaglie sui civili, che in quelle zone erano particolarmente feroci, il 12 febbraio del 1945, tradito da una spia, viene catturato in un fienile di Caralte, arrestato con altri sei compagni e portato nella caserma Jacopo Tasso di Belluno, una di quelle famigerate “ville tristi” in cui i nazifascisti torturavano i prigionieri per estorcere loro le confessioni sui piani dei partigiani.

Ma Ciro non parlò, e dopo un mese di violenze, di sevizie e di elettroshock fu trascinato sulla piazza di Belluno portando sulle spalle la scala che sarebbe servita per appenderlo ad uno dei lampioni, insieme ad altri tre compagni, il 17 marzo del 1945, 39 giorni prima della Liberazione.

Ciro è diventato anche il co-protagonista di un’opera teatrale che è stata rappresentata in tutta Italia, “Pert: Vita e miracoli del partigiano Sandro Pertinidi Giuseppe e Aldo Rapè, che di recente l’ha messa in scena proprio a Belluno, sulla piazza dei Martiri in cui Cacciatore è stato ucciso. Un monologo particolarmente suggestivo, che immagina un incontro tra Ciro e Pertini proprio il 25 aprile del 1945.

L’incontro è simbolico, tra un partigiano del nord ed uno del sud, tra un combattente che ha sacrificato la vita nella lotta ed uno che ha avuto la possibilità di costruire la democrazia nell’Italia liberata fino a diventare Presidente della Repubblica, metafora di un processo di liberazione che ha visto protagonisti insieme il nord e il sud, generazioni diverse, classi sociali distanti, in una unità nazionale finalmente vissuta dal basso, segnata da un autentico protagonismo popolare.

Aldo Rapè ha concluso la lezione multimediale con una sua performance che ha fatto rivivere il partigiano Ciro nel monologo finale, dedicato agli studenti che lo stavano ascoltando, con un richiamo forte all’attualità della Resistenza, alla dignità da difendere ogni giorno, prendendo posizione, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte, senza sottrarsi al proprio dovere da compiere, senza lasciarsi comprare, da nessuno, senza rifugiarsi nell’indifferenza, custodendo sempre nel cuore l’esempio delle coscienze inespugnabili dei loro coetanei di 70 anni fa, dei nostri concittadini come Ciro, Barbato, Ilio, che hanno saputo scrivere la storia con il coraggio autentico di chi sa rispondere alla propria coscienza con la vita di ogni giorno, senza retorica, con la libertà di essere si stessi, sempre, fino in fondo.

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