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La scomparsa di Mangiavillano, orfani di una guida morale e di una coscienza civile

Michele Spena

La scomparsa di Mangiavillano, orfani di una guida morale e di una coscienza civile

Lun, 02/04/2018 - 14:09

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CALTANISSETTA – Diverse generazioni di nisseni si sentono orfane per la scomparsa di Sergio Mangiavillano: coscienza critica, lucida e appassionata della società civile e del mondo cattolico, uomo di fede, speranza e carità, virtù che ha incarnato con tutta la sua vita nella misura più alta che un essere umano possa testimoniare.

È stato una guida morale straordinaria, limpida, coerente e solidale, l’archetipo dell’intellettuale impegnato che ha un orizzonte di valori ampio ma è saldamente radicato nel popolo con cui condivide il contesto, di cui conosceva e testimoniava, profondamente, “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto”, per usare le parole della Gaudium et Spes, documento-manifesto del Concilio Vaticano II, che Sergio sentiva come il suo mondo e la sua cultura.

Uomo di fede, fedele alla Chiesa ma spirito libero sempre, “obbediente in piedi” secondo la linea conciliare dell’Azione Cattolica che negli anni ’60 aveva sperimentato con coraggio la fine del collateralismo politico tra cattolici e Democrazia Cristiana.

Azione Cattolica di cui Sergio era stato il primo Presidente diocesano eletto e non nominato dall’alto, dal 1969 al 1975, dopo essere stato Presidente diocesano della FUCI, nella stagione indimenticabile di padre Dierna, appassionato testimone della rivoluzione culturale del Concilio.

E’ stata proprio la generazione del Concilio la comunità culturale e non soltanto ecclesiale alla quale Sergio è appartenuto con entusiasmo, con il coraggio di prendere posizione, senza subalternità né ai potenti della politica né alle imposizioni delle gerarchie, di cui però ha sempre rispettato la funzione.

Come nel caso del colpo di Stato in Cile, nel 1973, quando un manifesto dell’Azione Cattolica nissena di condanna dei golpisti e di solidarietà al popolo cileno venne bloccato nottetempo da un diktat del Vescovo di allora, al quale indirizzò una vibrata lettera di contestazione, rispettosa ma argomentata solidamente sulla base dei documenti conciliari; o quando, l’anno dopo, in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio, rifiutò di schierare l’Azione Cattolica nella crociata politica della DC, in nome del rispetto della laicità dello Stato.

Con il nuovo episcopato di Mons. Garsia, nei suoi primi anni, la chiesa nissena e il laicato guidato dall’Azione Cattolica di Mangiavillano vissero una stagione fecondissima di presenza culturale e di impegno sociale, culminata nel convegno “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976, di cui fu il primo relatore ufficiale, sul tema “Salvezza cristiana e liberazione umana: prospettive e orientamenti per una risposta ecclesiale”.

Erano gli anni del gruppo “Ricerca ‘80”, fondato da Sergio con altri intellettuali e professionisti cattolici proprio per elaborare nuove proposte di sviluppo socio-economico del territorio, che stava vivendo la drammatica agonia della civiltà dello zolfo, senza che si intravedessero altre prospettive alternative all’emigrazione.

Erano anche gli anni di una stagione politica importante, a livello nazionale e regionale: maturava il dialogo intorno al “compromesso storico” tra la DC di Aldo Moro e il PCI di Enrico Berlinguer e il governo siciliano di Piersanti Mattarella. Una stagione che sarebbe stata soffocata nel sangue dalle forze oscure del terrorismo e dalla mafia.

Anche a Caltanissetta quella spinta del laicato cattolico fu sopita da forze diverse, dentro e fuori il mondo ecclesiale: troppo avanti rispetto ai tempi quella testimonianza “non allineata” per essere lievito di una società ormai intorpidita da un sistema di potere che aveva disinnescato i conflitti sociali e riassorbito nel moderatismo opportunista ogni spinta di dissenso e di libertà culturale.

Sergio Mangiavillano ha continuato ad offrire la sua testimonianza con la sua professione di educatore, docente e poi preside dell’Istituto “Manzoni”, con la sua presenza autorevole di animatore della vita culturale nissena, fino all’ultimo frutto del suo donarsi alla comunità di cui si sentiva parte: l’Università senza età, pensata e voluta da lui presso la parrocchia S. Pietro, (di cui è stato un costruttore fin dalla fondazione) che già da due anni raccoglie da tutta la città interesse e partecipazione di cittadini di ogni condizione sociale intorno all’approfondimento della storia e della cultura del nostro territorio.

Spendersi per gli altri è stato il filo conduttore dell’esistenza di Sergio, nella sua vita personale, di marito e padre premurosissimo, nella sua esperienza professionale e nel suo sentirsi cittadino a pieno titolo di una città che avrebbe voluto svegliare dal torpore e animare della sua passione civile e del suo slancio di solidarietà.

Questo anche il segno del suo impegno politico, sempre “non allineato” ma disponibile ad esperienze coraggiose: come quando fu tra gli ispiratori, nel 1985, della lista civica “Insieme per una nuova città” che vide sotto il simbolo della colomba della pace candidati comunisti, cattolici e laici per il consiglio comunale, per dare alla città un governo degli onesti, in una fase di inarrestabile dissoluzione della qualità del governo locale che qualche anno dopo avrebbe portato alla bancarotta della “Operazione Leopardo”.

O come quando, nel 1986, accettò di candidarsi al Senato da indipendente nelle liste del PCI, con l’entusiasmo di offrire una provocazione generosa ad una città che vedeva languire, attirandosi gli strali delle gerarchie ecclesiastiche, che seppe ricambiare con una lezione di signorilità e delicatezza estrema, nel suo elogio funebre di Mons. Garsia sulle pagine della stampa locale.

Una generosità sconfinata, frutto di un’anima grande, capace di elevarsi al di sopra delle polemiche umane con il respiro profondo dello Spirito di cui si nutriva quotidianamente, con la preghiera e la testimonianza di vita.

Una vita dedicata alla libertà e alla verità: suo merito la riapertura del “caso Zuccaro”, il Vescovo nisseno costretto alle dimissioni, all’inizio del ‘900, da un complotto dei poteri forti del territorio, con la complicità della massoneria e della mafia, che divenne il protagonista, nel 2007, de “La venerabile impostura”, romanzo storico da cui partì una operazione di purificazione della memoria, conclusasi con l’iniziativa del Vescovo Mons. Russotto di portare in cattedrale la salma di Mons. Zuccaro riabilitandone pienamente la memoria.

Ci sono tanti modi di vivere da cristiani nella storia: la vita di Sergio Mangiavillano ne testimonia sicuramente uno dei migliori, esempio quotidiano di santità possibile, umana, luminosa, accessibile a tutti, se soltanto lo si volesse. Come lui ha voluto e saputo essere, nella libertà e nella verità, senza compromessi.

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