Salute

“E sedutosi … li ammaestrava”: … chi crede in me ha la vita eterna (di don Salvatore Callari)

Don Salvatore Callari

“E sedutosi … li ammaestrava”: … chi crede in me ha la vita eterna (di don Salvatore Callari)

Lun, 12/03/2018 - 07:20

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Nelle letture di questa domenica ci vengono descritte due scenari in cui si parla di un tristissimo e drammatico comportamento dell’Antico Israele ( 1° lettura ) e dell’Israele attuale al tempo di Gesù, del popolo presente e partecipe delle vicende di Gesù. ( Vangelo ) . Il libro antico della Bibbia ci parla della infedeltà dei capi, dei sacerdoti, del popolo tutto che viveva alla maniera dei popoli pagani. Contaminarono il tempio, si beffavano dei messaggeri che Dio mandava per farli ravvedere , disprezzavano e schernivano i profeti , al punto che l’ira di Dio raggiunse il culmine e permise che fosse distrutto il tempio e tutta Gerusalemme. Non ha impedito che il re di Babilonia portasse nella sua terra quelli che erano scampati alla spada, e in esilio, li ha resi schiavi. Sarebbe inescusabile leggerezza volere attribuire a Dio sentimenti di vendetta o di ingiustificato rigore. Nella sua pedagogia Dio vuole indurre il suo popolo a penitenza e a ravvedimento per la sua purificazione. Altrettanto amare sono le parole di Gesù che ha constatato che “la luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre perché le loro opere erano malvagie” Ma da questi due quadri così foschi emerge lo splendore dello stile del comportamento da parte di Dio : “ il Signore corregge colui che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio”. “ Ritornate , figli traviati, perché io sono pietoso e non conserverò l’ira per sempre “ E nel Vangelo : “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito” Gesù, per parte sua, parlando di sé , dichiara : “ Nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i propri amici”. A questo punto, ci chiediamo che ci sta a fare il salmo nel contesto della liturgia. di oggi .E’ la suggestiva espressione, come metafora, dell’uomo che prende coscienza del suo peccato e preso da profonda nostalgia pensa, a quanto ha perduto : pensa all’amore di Dio, al sacrificio di Cristo che si immola per salvarci e anche ai molti benefici ricevuti dalla bontà del Signore,alla nobile dignità di essere figli di Dio, al perdono tante volte ricevuto , e schiacciato dal pentimento, come gli ebrei, esuli, sui fiumi di Babilonia, non trova alcuna ragione di gioia e può ripetere, col nostro poeta , con l’ovvio traslato delle espressioni, “ come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo”? Alle fronde dei salici per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. ( Quasimodo ispirato al Salmo 136 ) potessimo avere anche noi così struggenti sentimenti per le nostre inadempienze peccaminose .!

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