Salute

Acqua: Legambiente, per quella in bottiglia giro affari da 10 mld

Redazione

Acqua: Legambiente, per quella in bottiglia giro affari da 10 mld

Mer, 21/03/2018 - 12:27

Condividi su:

Un vero e proprio business che frutta un giro d’affari stimato di 10 miliardi di euro, con guadagni enormi per le aziende imbottigliatrici che continuano a pagare canoni concessionari irrisori: circa 1 millesimo di euro al litro, 250 volte meno del prezzo medio che i cittadini pagano per una bottiglia. Con l’Italia primo paese in Europa per consumo di acqua imbottigliata suddivisa in oltre 260 marchi anche a fronte del “falso mito” come denuncia Legambiente, che sia migliore e piu’ controllata di quella che esce direttamente dal rubinetto di casa.
A riportare l’analisi sul business dell’acqua in bottiglia sono Legambiente e Altreconomia che, in vista della Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, hanno presentato il dossier “Acque in bottiglia. Un’anomalia tutta italiana”, in cui si riporta la non sostenibilita’ dell’attuale modello di gestione della risorsa idrica e le carenze strutturali del nostro Paese. Per questo l’associazione ambientalista chiede che la concessione di beni comuni naturali e di pregio venga sottoposta ad attente regole di assegnazione e gestione, e a canoni adeguati in modo da evitarne abusi nell’utilizzo e rendite per pochi.
E’ un bene primario, l’acqua, vitale e da preservare ma invece, continua spesso a essere gestita come se fosse proprieta’ privata. Il settore dell’acqua in bottiglia in Italia non conosce crisi: il giro d’affari stimato e’ intorno ai 10 miliardi euro all’anno, con un fatturato per le sole aziende imbottigliatrici che i rapporti di settore stimano in 2,8 miliardi di euro, di cui solo lo 0,6% arriva nelle casse dello Stato. Le aziende infatti pagano canoni che raggiungono al massimo i 2 millesimi di euro al litro (un costo di 250 volte inferiore rispetto al prezzo medio di vendita dell’acqua in bottiglia). In Italia ci sono oltre 260 marchi distribuiti in circa 140 stabilimenti che imbottigliano gli oltre 14 miliardi di litri necessari per garantire l’esorbitante consumo pro-capite nostrano (206 litri annui), che fanno dell’Italia il primo Paese in Europa e il secondo nel mondo (dietro solo al Messico) per consumo di acqua imbottigliata, stando a i dati forniti da Censis.
“I dati riportati nel rapporto evidenziano come in Italia l’acqua in bottiglia garantisca ancora oggi un business miliardario, in costante aumento negli ultimi anni, cosi’ come i consumi – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente -. Alla base del record tutto italiano il falso mito che sia migliore e piu’ controllata di quella del nostro rubinetto e soprattutto un costo della materia prima (l’acqua), per chi imbottiglia, praticamente nullo: una media di appena 1 millesimo di euro per ciascun litro imbottigliato. Per questo proponiamo di applicare un canone minimo a livello nazionale di almeno 20 euro al metro cubo, cioe’ 2 centesimi di euro al litro imbottigliato. Un canone comunque irrisorio, ma gia’ dieci volte superiore a quello attuale e che permetterebbe alle Regioni di incrementare gli introiti di almeno 280 milioni di euro l’anno, da reinvestire in politiche e interventi in favore dell’acqua di rubinetto e per la tutela di della risorsa idrica, oggi messa a dura prova anche dai cambiamenti climatici e dalle continue emergenze siccita’.”

 L’obiettivo di incrementare l’utilizzo dell’acqua di rubinetto e ridurre l’eccessivo uso di bottiglie di plastica e’ anche al centro dei recenti cambiamenti in atto nella legislazione europea, dalla Plastic Strategy alla nuova proposta di revisione della direttiva sulle acque potabili presentata lo scorso 1 febbraio, con una riduzione del 17% dei consumi di acqua in bottiglia di plastica e un risparmio conseguente per le famiglie europee pari a 600 milioni di euro l’anno. Intanto il consumo di acqua in bottiglia nel nostro Paese continua a crescere, con una produzione che oscilla tra i 7 e gli 8 miliardi di bottiglie all’anno. Il 90% dell’acqua emunta e imbottigliata in Italia non valica i confini. Nel 2010 erano dodici i miliardi di litri confezionati, saliti a quattordici nel 2016. Un affare miliardario che vede gli enti regionali accontentarsi delle briciole: appena 18 milioni, secondo una recente stima riportata di Repubblica (inchiesta pubblicata il 2 gennaio dal titolo “La minerale non disseta i comuni”), rispetto ai circa 2,8 miliardi all’anno che guadagnano invece le aziende concessionarie. Alle aziende che hanno una concessione per imbottigliare l’acqua vengono concessi canoni a dir poco irrisori e che spesso addirittura vengono ridotti ulteriormente se, invece, della plastica utilizzano vetro o meccanismi di vuoto a rendere. Un’attenzione che fa sicuramente bene all’ambiente, peccato pero’ che il prezzo al consumatore finale non cambi mai. Nel migliore dei casi le aziende concessionarie infatti pagano 2 millesimi di euro al litro, cioe’ cento volte meno del prezzo di 50 centesimi che i cittadini pagano in media per una bottiglia d’acqua in un supermercato; anche mille volte inferiore, invece, a quello che si paga per una bottiglietta venduta al dettaglio in bar, ristoranti, stazioni o negli aeroporti. “Oggi – spiega Legambiente nel suo dossier – si contano oltre 290 concessioni attive nel territorio italiano per un totale di circa 250 chilometri quadrati di aree date in affidamento. Nel corso di questi anni la situazione e’ migliorata per cio’ che riguarda l’adeguamento ai criteri di definizione dei canoni di concessioni dettati dal documento della Conferenza Stato Regioni, ma siamo ancora molto lontani dalla proposta dei 20 euro/metrocubo, come criterio unico nazionale, ovvero 2 centesimi al litro, che proponiamo nel dossier. I canoni che le Regioni applicano, in maniera differente da Regione a Regione, seguono tre criteri in funzione degli ettari in concessione, dei volumi emunti e di quelli imbottigliati: solo 5 Regioni applicano tutti e tre i criteri previsti (Emilia Romagna, Lazio, Molise, Sicilia e provincia autonoma di Bolzano), mentre nel 62% dei casi le Regioni applicano due canoni su tre. Sono 3 le Regioni che applicano un solo canone (Abruzzo, Sardegna e Toscana). I prezzi applicati ai canoni di concessione sono molto eterogenei tra loro: si passa da un minimo di 21,38 euro per ettaro previsto in Emilia Romagna (che applica pero’ tutti e tre i canoni previsti) ai 130 euro/ettaro previsti in Puglia (che applica invece un solo canone per la concessione) o ai 587,68 applicati in Veneto nelle concessioni di pianura”.

L’aspetto piu’ interessante, secondo l’associazione ambientalista, riguarda pero’ il canone per i quantitativi imbottigliati, che presentano un valore medio di 1,15 euro/metro cubo, ovvero 1 millesimo di euro al litro, che puo’ salire nel migliore dei casi ai 2,70 euro/metro cubo applicato dalla Provincia Autonoma di Bolzano (corrispondente comunque a 2,7 millesimi di euro al litro) e che invece puo’ ridursi fino a 0,30 euro a metro cubo come avviene in Abruzzo. Le Regioni che non prevedono nulla per i quantitativi di acqua imbottigliata e che quindi sono rimaste ancora indietro rispetto a questo importante canone sono Puglia, Umbria e Sardegna. Se venisse applicata la proposta di Legambiente in queste tre regioni, solo per fare un esempio, “i possibili introiti che intascherebbero le casse regionali e comunali sarebbero rispettivamente di 1,2 milioni di euro/anno, 6,7 e 22,6 mentre considerando anche le altre Regioni, in base ai dati disponibili, gli introiti totali potrebbero essere di oltre 250 milioni di euro/anno”.
Nonostante l’Italia sia ricca di acqua, e per lo piu’ di buona qualita’, esistono purtroppo alcune criticita’ nel sistema di approvvigionamento, di gestione e di controllo che spesso contribuiscono ad alimentare la sfiducia nei confronti dell’acqua del rubinetto, che oggi riguarda circa un terzo delle famiglie italiane. Tra i problemi piu’ frequenti sicuramente l’inadeguatezza della rete idrica: si arriva a una dispersione media del 40,6% (mentre la media europea si assesta intorno al 23%): il 60% degli acquedotti italiani ha un’eta’ superiore a 30 anni (il 24% ha piu’ di 50 anni) e su 350mila chilometri di tubazioni almeno la meta’ risultano da riparare o sostituire. Frequenti sono anche i casi di razionamento delle acque, non soltanto nei periodi estivi o di siccita’, in varie citta’ italiane per contrastare la mancanza di acqua. Solo lo scorso anno, secondo i dati Istat, il 9,4% delle famiglie italiane ha lamentato un’erogazione irregolare dell’acqua nelle abitazioni. Ci sono inoltre alcune situazioni di contaminazione dell’acqua potabile, connesse con l’inquinamento delle falde utilizzate per l’approvvigionamento o con problemi lungo la distribuzione. “Si tratta pero’ di situazioni puntuali per lo piu’ note e segnalate dalle autorita’ competenti, che non devono essere generalizzate su tutto il territorio nazionale – aggiunge Andrea Minutolo, coordinatore scientifico di Legambiente e curatore del rapporto -. I controlli sull’acqua che arriva nelle nostre case sono molto accurati e frequenti (a Roma ad esempio vengono eseguiti circa 250mila controlli all’anno) e la normativa e’ in continuo aggiornamento, a livello europeo, con la discussione iniziata nel 1 febbraio scorso della nuova direttiva sulle acque potabili, il cui obiettivo e’ proprio quello di incrementare l’utilizzo di acqua di rubinetto e ridurre l’eccessivo consumo di bottiglie di plastica, e nazionale, dove si sta sperimentando lo strumento dei Water Safety Plan. Quest’ultimo si pone l’obiettivo di prevenire i problemi qualitativi sulle acque potabili e al tempo stesso rafforza la rete dei controlli e le modalita’ di comunicazione, informazione e trasparenza”. Acqua e plastica: il 90-95% delle acque viene imbottigliato in contenitori di plastica e il 5-10% in contenitori in vetro. In pratica ogni anno vengono utilizzate tra i 7 e gli 8 miliardi di bottiglie di plastica. Numeri impressionanti anche rispetto agli impatti ambientali: piu’ del 90% delle plastiche prodotte derivano da materie prime fossili vergini (il 6% del consumo globale di petrolio) e l’80% dell’acqua imbottigliata in Italia viene trasportata su gomma (un autotreno immette nell’ambiente anche 1300 kg di CO2 ogni 1000 km). Per questo le bottiglie di plastica rappresentano uno dei nodi centrali anche nella recente Plastic Strategy europea, presentata a fine 2017, che si pone l’obiettivo di ridurre i consumi di bottiglie.