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La Chiesa nissena dalla parte degli ultimi

Redazione

La Chiesa nissena dalla parte degli ultimi

Lun, 25/12/2017 - 22:08

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CALTANISSETTA – L’ha raccontato con semplicità il Vescovo, Mons. Mario Russotto, prima di benedire il Presepe vivente al quartiere Angeli, tra le stradine dell’antico quartiere arabo dove gli arabi, fondatori di Caltanissetta, sono tornati ad abitare dopo mille anni con tante famiglie di migranti, che insieme alle famiglie nissene che vivono qui condividono disagi e marginalità, costruendo esperienze di solidarietà ed integrazione.
“Betlemme duemila anni fa era un po’ come questo quartiere, più povero ancora” ha esordito il Vescovo, che ha fatto dell’attenzione agli ultimi il filo conduttore di tutti i suoi interventi in questo tempo di Avvento, in cui nelle carceri, negli ospedali e tra i migranti, si è incontrato con l’umanità della globalizzazione dell’indifferenza: “Maria e Giuseppe costretti ad emigrare, a sperimentare la non-accoglienza” come ha detto nell’omelia della Messa di Natale, “circondati dai pastori, i più emarginati della società del loro tempo, che però sono i primi a cui gli angeli danno l’annuncio della nascita del Salvatore”.
L’ha raccontato quasi sottovoce Mons. Mario Russotto, nella notte della vigilia, quello che la chiesa nissena sta facendo per gli ultimi della terra che approdano qui da ogni angolo del mondo dove si fugge dalla guerra e dalla fame. Approdano nella città del Centro di Pian del Lago, dove centinaia di migranti vengono concentrati in attesa di riconoscerne lo status di rifugiati, e fuori da quei cancelli centinaia rimangono a sopravvivere, per settimane, sotto i viadotti, al freddo e al gelo, dormendo per terra, sui cartoni, in condizioni disumane che spesso hanno richiamato l’attenzione dei mass media di tutta Italia.
Senza telecamere invece, ogni giorno, i volontari e le suore che si appoggiano alla parrocchia S. Pio X (e che parlano le lingue principali dei migranti) si occupano di rendere più umane le condizioni di quei dimenticati: “Pensiamo ai nostri fratelli immigrati che dormono sotto il ponte al Pian del Lago – ha continuato il Vescovo – per loro abbiamo preparato delle tende militari, ieri abbiamo distribuito 80 giubbotti antigelo, con le insegne fosforescenti, in modo che anche la notte si possano vedere, abbiamo dato un po’ di coperte, oggi abbiamo dato un bel po’ di panettoni, perché anche per loro possa essere Natale.”
Ogni giorno le tre suore vanno nei luoghi dove i migranti si accampano, li medicano, portano cibo e abiti, mentre nel pomeriggio i migranti frequentano corsi di italiano nei locali della parrocchia. In occasione del Natale anche un momento di preghiera guidato dal Parroco Alessandro Giambra, vissuto insieme dai cristiani e dai musulmani che venerano Maria come Madre del profeta Gesù e che intorno alla divina maternità hanno condiviso una riflessione spirituale.
In quella stessa parrocchia, ogni giorno, decine di famiglie nissene possono pranzare alla mensa della “Casa di Gerico”, mentre la Caritas diocesana, in rete con tutte le parrocchie nissene, si occupa quotidianamente del sostegno alimentare con l’Emporio della Solidarietà e dell’aiuto con abiti e sartoria con l’Emporio Scaldacuore, esperienze-pilota in Sicilia, che insieme al Microcredito, fanno della Diocesi nissena un punto di riferimento di una visione solidale della società che si fa stile di vita alternativo e azioni positive concrete che puntano a “fare sistema”.
Senza discriminare e distinguere tra gli “stranieri” e gli “indigeni”, perché nell’umanità nessuno è straniero, e “prima…tutti insieme” fa camminare nella solidarietà nisseni e migranti, senza priorità che non siano quelle dell’aiuto a chi ne ha bisogno e della condivisione che valorizza e integra le differenze in una globalizzazione della solidarietà, in cui tutti possono essere protagonisti.
“Deve continuare ad essere Natale anche quando si saranno spente le luci della festa esteriore – ha ribadito il Vescovo nei suoi auguri a nisseni – un Natale che porti pace nel nostro cuore, e il nostro cuore può trasformarsi nella grotta di Betlemme per accogliere, con la stessa tenerezza che abbiamo per il Bambino Gesù. Perché ciascuno di noi è chiamato a nascere, ogni giorno e sempre, nel coraggio di lasciarsi partorire dall’amore”.

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