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Follie sul web. “Se la sono cercata”, su Facebook l’odio per studentesse stuprate a Firenze

Redazione

Follie sul web. “Se la sono cercata”, su Facebook l’odio per studentesse stuprate a Firenze

Sab, 09/09/2017 - 17:16

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Bugiarde, disoneste, drogate, prostitute. Nessuna pietà per le presunte vittime: il caso di Firenze, che vede indagati due carabinieri per stupro, visto dai social mette i brividi. Nessuna empatia o quasi per le studentesse americane ma, al suo posto, un’ondata d’odio e di scherno in ogni singolo post o notizia pubblicati sull’argomento. Giovani ree, secondo gli umori dei commentatori, di aver peccato di ingenuità, di aver irretito i due appartenenti all’Arma o, nel peggiore dei casi, di essersela andata a cercare, perché “se non vuoi andarci a letto, sulla macchina dei militari non ci sali”.

La giuria del web, insomma, ha già emesso il verdetto: le ragazze – e “non dimenticate che sono americane e gli americani sono famosi per il vittimismo” – sono le colpevoli e saranno loro a doversi discolpare agli occhi degli italiani e degli inquirenti. Tanta, tantissima solidarietà invece per gli indagati, per molti “innocenti a prescindere”.

E fra le notizie trapelate finora dalle indagini in pieno svolgimento, più che colpire il fatto che siano stati trovati dei riscontri al racconto delle due ragazze – fra cui le immagini di alcune telecamere di sorveglianza che testimonierebbero l’effettiva presenza delle giovani sulla macchina dei carabinieri -, i lettori sembrano concentrarsi sul particolare dell’assicurazione contro lo stupro stipulata dalle ragazze. Un’assicurazione che, sempre secondo la giuria popolare online, certificherebbe senza ombra di dubbio la colpevolezza delle americane: “Hanno inventato tutto – sentenziano – per prendersi i soldi”. E poco importa che questo tipo di assicurazioni – che riguardano ogni aspetto e ogni eventualità medica – siano pressoché la prassi per gli stranieri che risiedono in Italia per un periodo medio-lungo. Come del resto ha spiegato l’avvocato di una delle due giovani.

Ma non c’è solo l’analisi minuziosa delle indagini. C’è infatti anche chi si spinge più in là, magari vestendo i panni del medico che le ha prese in carico per gli accertamenti clinici: “Se non ci sono lesioni la violenza non c’è stata”, azzarda qualcuno, che evidentemente ha già il quadro chiaro pur non avendo in mano gli atti. Fra gli esperti e i giudici, colpisce come siano tante le donne che non mostrano alcun tipo di compassione, ma che invece rincarano la dose nei ‘commenti tecnici’ al caso: “Saranno state loro a fare le zoccole”, l’opinione più diffusa.

Nel mezzo, una minoranza che ricorda – o almeno prova a far ricordare – come in Italia siano previsti tre gradi di giudizio per gli imputati, “di qualsiasi colore siano” aggiungono riferendosi ai recenti fatti di Rimini, che investigatori e scientifica sarebbero forse gli unici a dover indagare sul complesso caso e che le presunte vittime siano da tutelare e proteggere fino a prova contraria. Una minoranza che purtroppo sembra avere la peggio, persa irrimediabilmente in quel girone infernale di commenti su Facebook e Twitter dove tutti diventano esperti di tutto, sostituendosi spesso e volentieri a inquirenti e tribunali.

di Marta Repetto