Salute

Corte di Cassazione, suicida la schizofrenica nissena dimessa dall’ospedale di San Cataldo: condannato medico

Redazione

Corte di Cassazione, suicida la schizofrenica nissena dimessa dall’ospedale di San Cataldo: condannato medico

Ven, 22/09/2017 - 20:29

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ROMA – Commette negligenza e imperizia lo psichiatra che si limiti a prescrivere un farmaco al malato affetto da schizofrenia, senza disporre ulteriori accertamenti medici. Una leggerezza costata cara a un medico in servizio nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Caltanissetta, visto l’epilogo tragico del caso: il suicidio della paziente. Quattro mesi di reclusione, più un risarcimento danni nei confronti delle parti civili: un verdetto confermato nei tre gradi di giudizio e argomentato in modo molto dettagliato dalla Cassazione, con la sentenza 43476 depositata ieri (21 settembre). La donna si gettò nel vuoto il 2 settembre del 2009, dopo che le fu negato il ricovero nel reparto di Psichiatria dell’ospedale “Maddalena Raimondi” di San Cataldo. La 38enne nissena si lanciò dal quinto piano di uno stabile in via Bissolati dopo aver lasciato il figlio di 3 anni nel seggiolone e approfittando del momentaneo allontanamento del marito, uscito con l’altro bimbo di 5 anni.

Schizofrenia paranoide cronica, con episodi psicotici acuti la patologia della paziente trentottenne, una habituè dell’ospedale (13 le cartelle cliniche recuperate relative a ricoveri), l’ultimo dei quali a distanza di pochi giorni dalla nascita della secondogenita.

Presentatasi per l’ennesima volta in ospedale, dopo aver ingerito un intero flacone di un farmaco aloperidolo, la donna era stata congedata dall’imputato, con l’impegno a risentirsi telefonicamente la mattina seguente, per valutare il da farsi. Nessun accertamento medico (come previsto dai protocolli in caso di sovraddosaggio e intossicazione da farmaco aloperidolo), nessun ricovero: il medico aveva valutato con estrema leggerezza di congedare la donna, nonostante in più riprese, nei mesi precedenti, avesse manifestato propositi autodistruttivi. Fatale l’errore di valutazione perchè, a poche ore dalla visita, la paziente si è lanciata nel vuoto dal balcone di casa.

Linee guida ignorate, per l’anestesista è omicidio colposo. Tranchant i giudici della Suprema Corte che, nella sentenza, parlano di violazione dei doveri di diligenza e perizia da parte del medico: atteggiamento in netto contrasto con quel principio di sorveglianza sanitaria richiesto per i pazienti affetti da schizofrenia paranoide, una categoria che, nel 15/20% dei casi, incorre in morte per suicidio.

L’assunzione massiccia di un farmaco – scrivono i giudici – deve costituire un campanello d’allarme per il medico, che deve pertanto attivarsi disponendo un supplemento di indagini anche nel pronto soccorso. Nel caso esaminato, tra l’altro, la donna era stata accompagnata dal marito in ospedale: l’uomo, trafelato e preoccupato – il bambini di un anno in braccio – aveva portato con sè anche gli effetti personali della moglie, certo che occorresse un ricovero.

Ma neanche questo segnale ha indotto il medico a disporre la presa in carico del paziente. (di Silvia Marzialetti, fonte ilsole24ore.com)