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In Sicilia la gestione del patrimonio storico-artistico e archeologico è al collasso. Quali risposte dal governo Crocetta?

Redazione

In Sicilia la gestione del patrimonio storico-artistico e archeologico è al collasso. Quali risposte dal governo Crocetta?

Sab, 01/07/2017 - 18:06

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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. Sempre più insostenibili appaiono, in Sicilia, le contraddizioni tra proclamate politiche di tutela e valorizzazione dei territori, del patrimonio storico artistico e naturale, e realtà dei fatti, degli atti politici e amministrativi. Evidente è l’inadeguatezza culturale e politica di una classe dirigente incapace di governare la complessità. Di una classe dirigente che, ogni giorno di più,  impoverisce e indebolisce la nostra Isola.  

In questi afosi giorni d’estate del 2017, il procuratore generale d’appello della Corte dei conti della Regione Siciliana Pino Zingale mette in luce, impietosamente, la ferita più grave: la fruizione dei beni culturali, di cui l’Isola è straordinariamente ricca. Egli ha posto la propria attenzione sulla gestione di ciò che è il vero ”oro” della Sicilia: il patrimonio storico-artistico ed archeologico. Di tale speciale patrimonio, che potrebbe fare da volano ad un sviluppo in chiave turistica dell’economia isolana, si è riscontrata una gestione dei siti e dei parchi archeologici al limite del collasso, conseguenza di una persistente e grave assenza di consapevolezza culturale ed economica, di reale progettualità.

«Attraverso le audizioni dirette effettuate dalla Procura Generale è emerso come il personale, non solo di vigilanza e fruizione ma anche tecnico (restauratori, architetti, archeologi, ecc.), lungi dall’essere sovradimensionato sia, invece, ampiamente carente, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo, talora sganciato da una consapevole progettualità gestoria, stante la perdurante assenza di precostituite piante organiche sulla base di una seria valutazione delle effettive esigenze e dei carichi di lavoro – afferma Zingale.  In più di una audizione è stato evidenziato come solo la buona volontà e lo spirito di sacrificio dei più abbiano sinora evitato il peggio. In gran parte dei siti archeologici mancano gli archeologi (al Parco Archeologico e Paesaggistico Valle dei Templi di Agrigento solo recentemente sono stati assegnati tre archeologi, mentre il Parco Archeologico di Naxos è privo di architetti, geometri, restauratori, storici dell’arte ed ha una sola archeologa, figura, quest’ultima, che è del tutto assente presso il Parco Archeologico di Selinunte) e più di un museo è del tutto privo di restauratori. Il personale di vigilanza e fruizione è inadeguato e, per espressa ammissione dei singoli direttori dei siti, il rischio di pervenire alla chiusura al pubblico di vaste aree archeologiche e museali è più che una ipotesi, stante l’impossibilità di garantire adeguati standard di sicurezza e custodia».

«Nonostante ciò, tutti i siti archeologici e museali hanno fatto registrare, con diverse percentuali, un costante aumento di visitatori – e corrispettivi introiti – soprattutto stranieri, fenomeno imputabile, però, più che all’accentuazione di attrattività del nostro patrimonio artistico ed archeologico, alle contingenze internazionali che hanno precluso la percorribilità di diversi, in passato, gettonatissimi percorsi alternativi in altri paesi dell’area del mediterraneo – aggiunge il procuratore Zingale. Incidono pesantemente su tale situazione non solo un’evidente ed atavica assenza di progettualità ma anche la circostanza che il sistema della vigilanza, conservazione e fruizione del patrimonio culturale è attualmente regolato da un contratto collettivo decentrato integrativo siglato il 6 dicembre 2005, il quale prevede l’individuazione di tre profili professionali con differenti responsabilità operative nell’ambito dell’esercizio delle mansioni esigibili da ciascuna categoria contrattuale, con delicati risvolti di latente conflittualità nella reciproca perimetrazione delle rispettive competenze e di una conseguente difficile gestione delle risorse umane da parte dei singoli responsabili dei vari siti.

A ciò si aggiunga la problematica della distribuzione territoriale delle risorse umane che, alla luce della vigente normativa impone una gestione della dislocazione del personale non sempre compatibile con la migliore fruizione dei siti, disposizioni in larga parte limitative soprattutto nei casi di esigenze di trasferimenti presso strutture intermedie caratterizzate dalla disseminazione territoriale – aggiunge il procuratore generale d’appello della Corte dei conti. La possibilità di rendere conciliabili le esigenze della fruizione dei siti con le norme a tutela dei lavoratori in materia di trasferimenti rende di difficilissima individuazione l’adozione di scelte conducenti a risultati soddisfacenti, con la conseguenza che molti siti della cultura, anche tra quelli più noti e frequentati, sono, in atto, per espressa ammissione della stessa Amministrazione regionale, a rischio di chiusura per carenze di personale e che contemporaneamente, in taluni altri siti, si assiste ad una presenza di personale in esubero».

Come risponde a questa analisi lucida e impietosa il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta? Come risponde l’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Carlo Vermiglio, al quale abbiamo proposto un protocollo d’intesa tra le associazioni Italia Nostra, Legambiente e SiciliAntica e l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – appunto –, finalizzato a fronteggiare, con una proposta concreta e immediatamente attuabile, le condizioni emergenziali in cui versano non solo i siti minori del patrimonio regionale, ma anche i principali attrattori turistici? 

Leandro Janni

Presidente regionale di Italia Nostra Sicilia

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