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Nissena “maltrattata” all’ufficio tributi del comune di Caltanissetta: la lettera di Maria Cristina Falci

Redazione

Nissena “maltrattata” all’ufficio tributi del comune di Caltanissetta: la lettera di Maria Cristina Falci

Mar, 16/05/2017 - 20:57

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La nissena Maria Cristina Falci, in una lettera aperta, racconta di una mattinata da incubo al’Ufficio Tributi del Comune di Caltanissetta: dopo un’estenuante attesa, non solo la sua pratica non sarebbe stata ‘lavorata’, ma la donna sarebbe stata “messa alla porta”

CALTANISSETTA – RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. In questi giorni mi trovo a dover fare la fila all’Ufficio tributi del Comune di Caltanissetta, ubicato a Largo Barile, perchè la tassa sui rifiuti che devo pagare è stata erroneamente sovraccaricata di voci che non sono di mia competenza. Mi reco quindi allo sportello comunale per oppormi ad un importo tanto esagerato quanto immotivato, dovendo sopportare lunghe file e disagi.

Sia detto per inciso che le numerose tasse comunali che i cittadini nisseni versano per servizi di igiene ambientale sono tra le più alte d’Italia, come si evince dalle statistiche nazionali. Sia detto, sempre per inciso, che la comunità nissena non gode dei servizi che da tali esosi tributi dovrebbero scaturire, perchè Caltanissetta continua ad occupare un posto di tutto rispetto nella classifica delle città più degradate d’Italia. Ma torniamo all’Ufficio tributi, frequentatissimo dai cittadini non per diletto ma per disbrigo pratiche e per opporsi agli errori commessi dal Comune nel calcolare tasse e balzelli. Questo ufficio apre al pubblico solo tre giorni alla settimana, dalle nove a mezzogiorno, un orario che costringe i cittadini a presentarsi davanti agli uffici chiusi fin dalle primissime ore del mattino, dalle prime luci dell’alba, il più delle volte. Le persone sono quindi costrette a stare dietro la porta chiusa, senza avere un numero che attesti il proprio turno nell’ordine di arrivo, cosa che produce una vera e propria calca di cittadini sempre più stanchi ed arrabbiati. Finalmente alle nove, non un minuto prima, si aprono le porte dell’ufficio e un’impiegata scrive l’elenco delle persone in coda seguendo un presunto ordine di arrivo, che sarebbe più certo se ad attestarlo fosse il numero preso al momento dell’ingresso. L’inizio delle operazioni di lavoro non ha però luogo alle nove perché alcuni addetti devono prendere il caffè, mentre altri devono fare colazione. «Il sacco vuoto non sta in piedi» dice un impiegato comunale ad un cittadino che manifesta tutto il suo disappunto. Dopo essersi rifocillati, gli addetti accendono il computer, ma passano ancora cinque minuti buoni prima che diventino veramente operativi. Finalmente cominciano le chiamate per nome e la privacy rimane solo una parola inglese senza alcun significato pratico perché la sala d’attesa è stracolma di numerosissime persone che attendono impazienti e che magari dovrebbero essere già al lavoro. Dopo una serie infinita di persone, finalmente tocca a me (arrivata alle sei del mattino e chiamata alle dieci) e ho a che fare con l’impiegato che già conosce il motivo della mia contestazione. La prima volta che mi sono recata all’Ufficio per contestare l’importo della tassa sui rifiuti, mi hanno infatti chiesto di produrre un’ulteriore documentazione che avrebbe consentito di espletare la pratica. L’impiegato, già a conoscenza della mia situazione, mi indica però un altro impiegato e comincia il rimpallo: «lo devi fare tu!» «No, tocca a te! La pratica è tua!» Vistosi costretto ad affrontare la lettura delle copie delle certificazioni da me prodotte, l’addetto, che si era già occupato del mio caso, comincia a rimaneggiare le carte tra le mani per ridarmele tutte in malo modo, rifiutandosi di leggerle. Avrei voluto sapere il suo nome ma gli impiegati comunali di Caltanissetta non hanno alcun badge ovvero il cartellino di riconoscimento obbligatorio per legge recante nome, cognome e fotografia. Così l’addetto alla mia pratica e comunque impiegato di un ente pubblico, con atteggiamento arrogante, mi invita ad andare fuori. E’ proprio vero il detto siciliano “u stipendiu m’attocca e u travagliu si paga a parti”.

In conclusione, a chi devo rivolgermi per modificare la cartella di pagamento tassa rifiuti? E’ assolutamente vergognoso, e la sindacatura, nella sua evanescenza, cosa fa? Vuole i soldi e basta! Sicuramente, dato il livello di civiltà della burocrazia comunale, non sanno che sono proprio i bistrattati cittadini ad essere i loro unici datori di lavoro.

Maria Cristina Falci

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