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Volo difficile Belgrado – Londra. Il mussomelese Ivan Sorce e altri passeggeri resistono a 4 pakistani

Carmelo Barba

Volo difficile Belgrado – Londra. Il mussomelese Ivan Sorce e altri passeggeri resistono a 4 pakistani

Mer, 22/03/2017 - 21:25

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MUSSOMELI – Il suo testuale racconto, quello del mussomelese Ivan Sorce, figlio di Ivanka Maria Zalac e di Giovanni Sorce, ci da l’esatta dimensione di quello che poteva accadere durante il volo che da Belgrado li ha riportato a Londra, dove vive. Coraggio, sangue freddo, intuizione ed operatività, con la collaborazione di altri passeggeri, messe in atto in una situazione assai scabrosa. Questo il testuale racconto:
“Io e mia madre ci trovavamo in viaggio da Belgrado per ritornare in Regno Unito dopo una vacanza. Quando ci siamo imbarcati sull’aereo (Air Serbia) abbiamo visto entrare quattro persone del Pakistan (tre uomini ed una ragazza) pieni di tatuaggi ma sembravano degli arabi. Dopo trenta minuti di volo hanno incominciato a fare baldoria; uno di loro ha buttato una gomma da masticare su una persona e disturbavano una ragazza che era di fianco a loro: la ragazza ha chiesto aiuto alle hostess, ma non hanno potuto fare niente perché erano solo donne; infatti, questi pakistani non le ascoltavano e si prendevano gioco di loro. Ad un certo punto la ragazza che si trovava a fianco a loro si è spostata, portandosi molto più in avanti, dopo aver aspettato 20 minuti in piedi cercando un posto. Improvvisamente uno di loro ha incominciato ad accendere una sigaretta di nascosto (poteva bruciare l’aereo o forse ci stava provando ). Un’ hostess ha sentito puzza di fumo e gli si avvicina accanto, invitandolo a consegnargli l’accendino e di spegnere la sigaretta, ma l’uomo la ingoia e dice che non stava facendo niente, rifiutandosi di consegnare l’accendino. Successivamente poi si sono alzati, chiedendo sempre cose da bere: andavano in cucina dalle hostess e si dirigevano sempre in bagno. Parlavano nella loro lingua, guardavano la cucina della hostess, forse cercavano qualcosa. Tutti quanti erano spaventati ma nessuno faceva niente, anche le hostess erano spaventate, ma avevano il sangue freddo e cercavano di gestire la situazione. Ad un certo punto, io mi sono alzato, cercando di mantenere il sangue freddo. Ho incominciato a parlare con alcuni passeggeri maschi illustrando loro la situazione, pregandoli di ascoltarmi. Ho fatto spostare alcune donne che erano vicine a questi pakistani; ho piazzato cinque uomini vicino le sedie di questi pakistani, invitandoli a tenerli d’occhio e di prepararci al peggio; ho fatto spostare altre donne mettendo quanti più uomini possibili vicini a questi pakistani. Dopo che hanno visto che la situazione stava cambiando a nostro favore, si sono messi tranquilli e parlavano nella loro lingua. Per tutto il tempo li abbiamo tenuti d’occhio. Nel frattempo le hostess avevano avvisato la polizia dell’aeroporto di Londra Heatrow ed il pilota si era chiuso nella cabina. Due di questi pakistani hanno incominciato ad innervosirsi, insultando con brutte parole le persone, già spaventate. Dopo 20 minuti, uno dei pakistani si alza e va in direzione della cabina di pilotaggio: ad una persona che avevo piazzato 7 sedili avanti ho detto di prenderlo e di rimandarlo indietro; successivamente gli hanno chiesto dove stava andando e lui ha detto che stava facendo solo due passi. Nel frattempo, mi sono alzato e sono andato di sedia in sedia, parlando a bassa voce; ho avvisato tutti di stare seduti e di non alzarsi, perché sarebbero entrati i poliziotti al momento dell’atterraggio. Infatti, questi pakistani hanno incominciato a dirci brutte parole e che siamo dei razzisti; uno di loro aveva cercato di fare una rissa con i passeggeri. Quando siamo atterrati, dieci poliziotti sono entrati nell’aereo per arrestarli, mentre li tenevamo d’ occhio impedendo loro di alzarsi. Alcune persone si sono avvicinate a me e mi hanno detto “grazie mille” per averci salvato ed in quel momento mi sono messo a piangere, perché mi sono commosso. Le hostess mi hanno abbracciato e hanno dato a tutti quelli che mi hanno collaborato un biglietto Business della (AIR Serbia) per la prossima volta che viaggeremo su questa compagnia. Se non avessi fatto qualcosa, non so come sarebbe finita. Io devo anche ringraziare le persone che mi hanno ascoltato, perché solo così abbiamo fatto un lavoro di squadra, mantenendo sicuro questo aereo fino alla sua destinazione. Dopo che la polizia ci ha interrogati, un poliziotto mi ha detto che uno di quei pakistani era stato arrestato un anno fa, perché era un criminale.” E’ un racconto tutto d’un fiato, quello di Ivan, che certamente inorgoglisce i genitori e quanti conoscono il giovane mussomelese.

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