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Foibe, Arcangelo Pirrello: “Il giorno del ricordo a Caltanissetta, bisogna insistere”

Redazione

Foibe, Arcangelo Pirrello: “Il giorno del ricordo a Caltanissetta, bisogna insistere”

Sab, 11/02/2017 - 03:15

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Nel Maggio del 1945, i partigiani comunisti di Tito, forzando le tappe giungono a Trieste prima degli alleati. Inizia così la tragedia delle popolazioni italiane Giuliano-Dalmate: i partigiani di Tito danno luogo a quella che, storici come Gianni Oliva, hanno definito una vera e propria “pulizia etnica”. Si inizia con l’annientamento della classe dirigente italiana: funzionari, carabinieri poliziotti, persino maestri elementari. I metodi usati dovrebbero ormai essere noti: furono in buona parte torturati e comunque “infoibati” cioè gettati nelle voragini carsiche che da secoli erano servite come pozzi neri e discariche di vecchi rottami e carogna d’animali. Gettati ancora vivi, legati l’uno a l’altro da fil di ferro, tra le raffiche di mitra per uccidere i primi della fila. Secondo stime, fatte a metro cubo di ossa e di teschi rinvenuti, sarebbero stati così uccisi, in orrende agonie, da 10.000 a 18.000 italiani innocenti, civili, non combattenti. Questa è stata anche la sorte di Luigi Bruno di 52 anni, nato a Caltanissetta che era agente di polizia della questura di Fiume – padre di tre figli tutti abitanti a Fiume, tra i quali Annamaria, allora di sei anni. Il 4 Maggio del ’45 Luigi Bruno si era recato proprio in questura per consegnare l’arma, secondo l’editto titino; era andato spontaneamente non avendo nulla da temere; ma erano tempi in cui la canaglia di ogni nazionalità imperava sovrana ed aveva potere di vita e di morte. Bruno fu trattenuto in questura e se ne persero le tracce.
Ma le sofferenze dalla popolazione non finirono con le foibe: dopo il trattato di pace di Parigi del 1947, gli italiani giuliano-dalmati, fiumani e istriani, per non sottostare al regime comunista titino furono costretti al grande esodo: circa 350.000 italiani abbandonarono le loro case con solo ciò che potevano portare appresso. Tra gli esuli, insieme agli italiani, vi furono anche sloveni e croati, che non volevano, o potevano, vivere sottomessi alla dittatura comunista. I titini non concessero a tutti l’autorizzazione alla partenza: per diversi italiani considerati utili dal regime titoista (medici, tecnici ecc.) negarono i permessi o ricorsero alla vigliaccheria di autorizzare la partenza di tutta la una famiglia tranne un figlio o, preferibilmente, una figlia, inducendo così anche gli altri a rinunciare.
Nel caso ci si chiedesse il perché di tanta disumana crudeltà; ma anche in assenza di questa eventualità, ecco intervenire sempre, e non richiesta, la preventiva versione di chi ha il carbone troppo bagnato per starsene buono e tacere: nelle formazioni partigiane comuniste erano inquadrati corpi di partigiani comunisti della “garibaldi”. Ed ecco allora il fascismo, la proibizione di usare la lingua slava e le ristrettezze nelle quali languiva il popolo slavo sotto Mussolini. Insomma, una pezza troppo piccola per cotanto buco. Anche perché in parecchi altri posti del pianeta il comunismo ha avuto modo di mostrare le proprie consuetudini: – dalle purghe e i gulag di Iosif Stalin che si stima abbiano prodotto fino a 40 milioni di morti, dimenticati fino alla denuncia di Krusciov nel ‘56, complice il silenzio del Partito comunista italiano i cui dirigenti di punta erano presenti a Mosca negli anni Trenta – ai 45 milioni di cinesi (le stime sono tra i 35 e i 55 milioni) ridotti alla morte per fame e cannibalismo dalle politiche siderurgiche di Mao Tse-tung – ai 3 milioni di morti nella sola Cambogia per opera dei Khmer Rossi. E dimentico certamente qualcosina.
A parte gli stili comunisti nel mondo, ci si chiede: ma perché negli altri territori occupati dall’Italia fascista non appena liberati non si ripeterono le stesse stragi? Cosa c’entra il malgoverno italiano fascista con la pulizia etnica perpetrata nelle terre giuliano – dalmate? Quella stessa pulizia etnica che è uscita pari pari tra il 1991 e il 1995 nella guerra civile dell’ex Jugoslavia che, tra le varie nefandezze, ha visto la strage di Srebrenica dove 8.000 uomini dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne, dai bambini e dagli anziani, uccisi e sepolti in fosse comuni – non avevano sottomano le foibe Cosa c’entrano i fascisti con il tristemente famoso “treno della vergogna” pieno zeppo di profughi italiani istriani provenienti da Pola che il 18 febbraio del 1947 (appena 8 giorni dopo il trattato di pace dei Parigi) transitava dalla stazione di Bologna? Il treno venne preso a sassate da energumeni che sventolavano la bandiera con la falce e martello e che rovesciarono sulle rotaie il latte destinato ai bambini in grave stato di disidratazione. Quei viaggiatori erano solo colpevoli di avere lasciato un “paradiso comunista”.
E poi l’oblio: motivi schifosamente politici anzi “di regime”, come ebbe a dire il Presidente Cossiga che si recò alla foiba di Basovizza e si inginocchiò chiedendo perdono per la “memoria negata”, fecero sì che la tragedia giuliano – dalmata, istriana e fiumana scomparisse “orwellianamente” (1984) persino dai libri di storia.
Poi, la legge 92 del 30 marzo 2004 che istituisce il giorno del ricordo per il 10 Febbraio. A giudicare da come tale avvenimento è stato interpretato ieri a Caltanissetta, dove pure due anni fa è stata intitolata una strada (!) a Luigi Bruno, c’è ancora da lavorare. Alcuni esponenti di Caltanissetta protagonista, in mancanza di una tomba o lapide, hanno deposto un mazzo di fiori nel palo segnaletico della strada, ma per il resto, Nonostante l’obbligo di legge non mi pare che il Comune abbia organizzato alcunché; a differenza della vicina S. Cataldo dove è stato organizzato un apposito riuscitissimo incontro culturale; nella ridente cittadina, tra l’altro, la raccolta differenziata funziona bene – tout se tient-
Bisogna informare le scuole sulla vicenda del nostro concittadino Luigi Bruno e bisognerà rispettosamente comunicare al questore che si tratta di un agente di pubblica sicurezza caduto da martire. Cosi l’anno prossimo, in via Luigi Bruno, piuttosto che una squadra di polizia in servizio per mantenere l’ordine in una manifestazione politica costituita da otto persone di numero e un mazzo di fiori, sono sicuro che ci sarà un picchetto della Polizia di Stato, con il labaro, per rendere i dovuti onori al loro collega Luigi Bruno caduto nell’adempimento del proprio dovere.

Arcangelo Pirrello