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Mafia, 33 anni fa ucciso Pippo Fava: da cronista denunciò la zona grigia

Redazione

Mafia, 33 anni fa ucciso Pippo Fava: da cronista denunciò la zona grigia

Gio, 05/01/2017 - 12:56

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ROMA – “A che serve vivere, se non c’e’ il coraggio di lottare?“. Risuonano ancora oggi le parole del giornalista Pippo Fava, ucciso il 5 gennaio del 1984, mentre andava a prendere la nipote che recitava in Pensaci, Giacomino! al teatro Verga di Catania. Non fece neanche in tempo a scendere dalla sua Renault 5 che fu attinto da cinque proiettili della famigerata calibro 7,65, arma di molti omicidi di mafia. Eppure Fava, gia’ delegittimato da tanti “benpensanti” colleghi in vita, fu drammaticamente screditato nel momento della morte. L’omicidio, infatti, fu etichettato come delitto per questioni di donne, con titoloni che parlavano di omicidio per “movente passionale”. E per chi proprio non credeva alle donne, ecco la seconda pista accreditata: il movente economico, per le difficolta’ in cui versava la sua rivista “I Siciliani”. Persino i funerali diventarono terreno di scontro. L’allora sindaco di Catania, Angelo Munzone, affermò che la mafia a Catania non esisteva. Solo successivamente, l’evidenza delle denunce giornalistiche di Pippo Fava sulle collusioni tra Cosa nostra ed i cavalieri del lavoro catanesi, quella zona grigia in cui convergono gli interessi della mafia, dell’economia e della politica, sarà rivalutata dalla magistratura inquirente. Nel 1998 si e’ concluso a Catania il processo “Orsa Maggiore 3” dove per l’omicidio di Giuseppe Fava sono stati condannati all’ergastolo il boss mafioso Nitto Santapaola, ritenuto il mandante, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori (poi assolti), ed Aldo Ercolano come esecutore assieme al reo confesso Maurizio Avola.
Giuseppe Fava era un giornalista che cercava di scavare nei meandri meno investigati della “verita'” che ai piu’ sfuggeva, iniziando dai rapporti fra mafia e politica. “Mi rendo conto che c’e’ un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione“, affermo’ Fava il 28 dicembre 1983, nel corso della sua ultima intervista rilasciata ad Enzo Biagi. E quelle frasi per l’epoca rivoluzionarie, ancora oggi hanno un fortissimo valore civile. A 33 anni dalla sua scomparsa, gli allora giovani con i quali il “direttore” fondo’ i Siciliani, continuano con impegno la ricerca della verita’. Fra questi, il suo storico amico e collaboratore, Riccardo Orioles che, proprio per non aver rinunciato alle idee di Pippo Fava, vive oggi in condizioni di grande disagio sociale e per il quale e’ stata richiesta l’applicazione della Legge Bacchelli. Come ogni 5 gennaio il ricordo di Fava riscalda il cuore di tanti giovani, nella speranza che le sue idee camminino sulle nostre gambe non soltanto il giorno della sua uccisione.

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