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Crac Sicilcassa, 2.995 miliardi di lire nel 1997: condanne in appello per bancarotta

Redazione

Crac Sicilcassa, 2.995 miliardi di lire nel 1997: condanne in appello per bancarotta

Ven, 02/12/2016 - 21:31

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PALERMO – La seconda sezione della Corte d’appello di Palermo ha condannato a 33 anni di carcere complessivi i cinque imputati del processo per il crac della Cassa di risparmio Vittorio Emanuele II, che venne dichiarata insolvente, per 2995 miliardi delle vecchie lire, nel 1997. Rispetto al primo grado di giudizio, che risale al 14 febbraio 2013 e in cui ci furono condanne per 60 anni, le pene sono state ridotte, ma allora gli imputati erano sette: Giuseppe Adonia e Giuseppe Viola, pure loro condannati a 9 anni, sono infatti deceduti dopo la sentenza del Tribunale. I giudici di appello oggi hanno confermato il diritto delle parti civili, la Banca d’Italia e la Sicilcassa in liquidazione, a maxi-risarcimenti (il danno totale ammonta a circa un miliardo e mezzo di euro, somma da rivalutare, perche’ riferita agli anni ’90) e alla provvisionale immediatamente esecutiva da dieci milioni. Con l’accusa di aver provocato una bancarotta miliardaria, in lire e in euro, sono stati condannati a sei anni e dieci mesi a testa (contro i nove del primo grado) gli ex componenti del consiglio di amministrazione Francesco Mormino, Pompeo Oliva, Marcello Gianfranco Adriano Maria Orlando e l’ex membro del collegio sindacale Gianni Lapis, che ha gia’ una condanna definitiva per la vicenda del tesoro di don Vito Ciancimino.
Pena ridotta, da sette a cinque anni, anche per Antonio Mosto, ex direttore della sede di Catania dell’istituto di credito. A tutti, tranne che a Lapis, sara’ applicato il condono di tre anni. Nel processo di appello e’ caduto un capo d’imputazione, con la conseguente assoluzione parziale dei tre ex del Cda e del sindaco. I giudici hanno accolto quasi del tutto le richieste dei sostituti procuratori generali Maria Vittoria Randazzo e Umberto De Giglio. I difensori faranno ricorso in Cassazione. Secondo la ricostruzione dell’accusa, in tribunale sostenuta dal pm Dario Scaletta, fu la concessione di extrafidi e di ulteriori crediti per cifre astronomiche, in particolare a imprenditori catanesi e palermitani, a provocare l’affondamento della banca, poi incorporata dal Banco di Sicilia, a sua volta oggi assorbito da Unicredit. Fu l’inizio della fine del sistema creditizio dell’Isola, un tempo fiorente, al punto che l’istituto era secondo, in Italia, tra le casse di risparmio, solo alla lombarda Cariplo. Nel processo fu necessaria una maxiperizia svolta da superesperti e in tribunale deposero come testimoni, fra gli altri, gli ex governatori di Bankitalia Antonio Fazio e l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, scomparso di recente.