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La riflessione Arcangelo Pirrello: “Nella città di Utopia”

Redazione

La riflessione Arcangelo Pirrello: “Nella città di Utopia”

Dom, 16/10/2016 - 19:41

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Anche nella città di Utopia che, ovviamente, si trova al centro in un’isola (l’isola di Utopia), quando il sindaco si rivela un fallimento i consiglieri, che pure lo hanno sostenuto, prendono le distanze e passano all’opposizione cercando di farsi perdonare le “istruzioni per l’uso”: quella scritta “per il sindaco vota Antonio” piccola piccola a tergo in basso del fax simile.
Non succede – non dovrebbe succedere a Utopia – che la causa del ripensamento risieda forse o anche in mancati mantenimenti di precedenti accordamenti. Non succede – non dovrebbe succedere – a Utopia che un consigliere comunale, dopo avere svolto la parte di duro oppositore, sviluppi ed elargisca condiscendenza allo scopo di riottenere mantenimenti di precedenti accordamenti. Quando succede, perché invece succede, una siffatta procedura sembra che abbia un nome: “tirami a molla ca sugnu malatu”: con efficace e malcelato ammiccamento.
E il sindaco della città di Utopia che fa??? D’uso la sua condotta è adamantina: egli prende atto della nuova composizione consiliare determinata dai suoi comportamenti, del fatto che si è “mangiata” la maggioranza e, raccogliendo un residuo di dignità, si dimette. E se non lo fa? Anche a Utopia è possibile che non lo faccia. Anzi non lo fa senz’altro.
E allora per la città di Utopia nell’isola di Utopia sono cavoli amari e si prevede un trascinamento di anni da incubo fino alla fine. Con la legge vigente il sindaco resta in carica fino a scadenza del mandato o fino a che non venga rimosso per giusta causa da organi superiori (ministro degli interni ecc.).
La giusta causa non può essere il fatto che finora ha amministrato da fare pena; no, codesto è un giudizio politico e come tale é discutibile e soggettivo. Ciò nonostante le grandi idee programmate e non realizzate e le minchionate non programmate ma perfettamente eseguite (la ZTL alla Provvidenza per tutte); nonostante non si contino, ormai, i finanziamenti persi di opere pubbliche indispensabili e si inseguano bandi per chimeriche ricerche di entalpie islandiche e improbabili parcheggi intermedi che necessitano di un Piano Urbano del Traffico quando l’ultimo P.U.T. di Caltanissetta risale a venti anni fa; nonostante l’abbandono della città alle erbacce, ai materassi a molle, all’inedia di poveri rifugiati o emigrati che ciondolano senza prospettiva, allo strapotere della cooperativa dei “muratori e cementisti” che sta scassando il territorio e lasciando in cambio come opere di compensazione Nulla; nonostante una zona industriale ormai desertificata e più della metà degli esercizi del centro storico trasferiti o chiusi; nonostante un continuo sorgere di discariche abusive sia in periferia, sia in centro storico, e una raccolta differenziata (pure programmata e promessa in campagna elettorale) che è stata (malamente) avviata solo come “piano d’emergenza” e solo in forza dell’emergenza regionale rifiuti – come è sfrontatamente dichiarato nella stessa ordinanza n. 29 del 15 luglio u.s.
Ma la sfrontatezza e la faccia di bronzo sono le uniche spiegazioni possibili a quanto recentemente proposto dall’amministrazione e approvato dal consiglio comunale (con la procedura del “tirami a molla ca sugnu malatu”) e cioè un bando di gara “ponte” con una durata troppo lunga per essere un provvedimento provvisorio, e con lo stesso oggetto di un bando definitivo. Una perfetta ammissione di ritardi e inadempienze da parte del sindaco, poiché la scadenza era nota e c’era tutto il tempo per fare direttamente il bando definitivo; e invece, con il bando ponte, si sarà “costretti” ad aspettare un anno e mezzo quando, certamente, il quadro generale sarà mutato. Si ammetterà che la cosa è quantomeno “sospetta” (che si sta aspettando?). Una cosa del genere è quello che ci vuole per bloccare tutto.
Nell’isola di Utopia un sindaco non dovrebbe decadere neanche se si dimette e “cessa” l’intero consiglio comunale .O almeno così sembra, ma nessuno è disposto a giurarci: è certo solo che si installerebbe un commissario il quale rimarrebbe “sino al rinnovo degli organi comunali per scadenza naturale”. Non è chiara la funzione del commissario (solleva e sostituisce pure il sindaco?) Insomma a Utopia la chiarezza è una “utopia”.
Per tali motivi, nella città di Utopia si parla sempre di dimissioni; i consiglieri comunali non si dimettono se non per essere promossi assessori e dicono ad ogni momento che si dimetteranno… ma non lo fanno. Nessuna simulazione sia chiaro: nella città di Utopia, i consiglieri comunali non ricorrono a trucchi per non dimettersi… semplicemente non si dimettono.
Nella città di Utopia nell’isola di Utopia, periodicamente è d’uso bloccare l’attività del consiglio comunale per proporre, discutere per mesi e alla fine non approvare una immaginaria ed ectoplasmatica “ sfiducia”. La “cosa” è prevista anche dalla apposita legge, ma persino a Utopia, pensandoci intensamente, riescono a concludere che la “sfiducia” in se non esiste: esiste semmai l’atto politico di “togliere la fiducia”. E qui si nasce una importante questione: si può togliere una fiducia che non è mai stata data? nella Citta di Utopia dell’isola di Utopia, che per l’occasione chiameremmo “Distopia”, sembra proprio di sì. Una distopia ancora più grossa quando si pensa che se una maggioranza di consiglieri si dichiara di opposizione la sfiducia dovrebbe essere “nelle cose”. Di fatto non si è mai vista una opposizione più numerosa della maggioranza la quale, non per caso, si chiama appunto “maggioranza”. Ma nella città di Utopia dell’isola di Utopia succede, è possibile, la legge lo prevede: si può togliere una fiducia mai data a patto che la relativa mozione venga approvata dal 65% dei consiglieri comunali (20 consiglieri). Si tratta di vedere l’esito di eventuali ricorsi alla legge stessa.
Tra breve, mi dicono, nella città di Utopia il consiglio comunale discuterà la mozione sfiducia (o la non fiducia) sul sindaco. Se decadesse il sindaco per sfiducia da parte del consiglio comunale dovrebbe insediarsi il solito commissario che dovrebbe sostituire l’esecutivo (sindaco e assessori) e traghettare l’intero comune alla prima scadenza elettorale utile nella quale rinnovare gli organi elettivi (sindaco e consiglio comunale). Ciò vorrebbe dire nuove elezioni tra sei mesi o un anno.
I cittadini di Utopia (tranne i parenti di primo grado del sindaco e degli assessori) hanno già una loro opinione precisa, perché le chiacchiere ormai “stanno a zero”.
Si dimostreranno i nostri eroi all’altezza dei loro elettori?
a.p.

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