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Parrocchia San Michele: Padre Scrudato abbraccia e ringrazia la sua comunità “servita” per 24 anni

Redazione

Parrocchia San Michele: Padre Scrudato abbraccia e ringrazia la sua comunità “servita” per 24 anni

Lun, 26/09/2016 - 13:36

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Un commosso addio alla comunità che lo ha accolto 26 anni fa e che adesso, emozionata, lo saluta. Dopo 24 anni, padre Vincenzo Scrudato – dell’ordine dei frati minori cappuccini – lascia la guida della parrocchia di San Michele Arcangelo, a seguito del trasferimento a Palermo. La parrocchia adesso sarà guidata da padre Vincenzo Di Rocco. Per padre Scrudato la presenza a Caltanissetta è stato un vero e proprio record, considerato che i frati solitamente rimangono per un breve periodo nelle comunità ecclesiastiche. Invece per padre Scrudato è stato diverso. Bastava uno sguardo alla gremita chiesa per rendersi conto quanto Padre Vincenzo sia stato un punto di riferimento per la comunità parrocchiale nell’arco di questi anni: lui – originario di San Giovanni Gemini – nel settembre del 2014 ha celebrato i 50 anni di sacerdozio alla guida della chiesa elevata in onore del Santo Patrono.

E domenica la comunità di San Michele – dai fedeli, ai gruppi di cammino neocatecumenale, ai catechisti fino ai giovani – s’è stretta attorno al suo pastore, emozionato quando li ha ringraziati per l’affetto e il percorso compiuti in questi intensi 24 anni. Ecco il testo integrale dell’intervento di commiato di padre Vincenzo Scrudato:

Carissimi fratelli, ho voluto accomiatarmi da voi con questa celebrazione eucaristica, che ci proietta nell’orizzonte di Dio, dove la nostra esistenza e tutti gli avvenimenti della nostra vita, anche quelli che non capiamo, trovano senso e possiamo leggerli alla luce di quel Dio che fa nuove tutte le cose.
Quando 24 anni fa’, venni qui, é stato uno di quei momenti (ce ne sono stati altri) in cui mi preparavo per andare in una direzione e Dio mi “violentava”, costringendomi ad andare là dove io non volevo andare.
Caltanissetta in quel momento era il luogo dove io non volevo andare. Ero proiettato verso un mondo che non era certamente quello della Parrocchia, ma quello dei miei studi, della ricerca e dell’insegnamento . Non vi nascondo che per ben due volte rifiutai l’invito dei miei superiori. Solo la terza volta lo presi in considerazione, rendendomi conto che forse quella era la volontà di Dio.
Così mi ritrovai parroco. Non avevo grandi miei programmi da realizzare. Mi sono lasciato guidare da alcuni fatti che nella riflessione della chiesa allora diventavano sempre più chiari. Il fatto di vivere ormai in una società secolarizzata e scristianizzata, imponeva l’urgenza della nuova evangelizzazione e la necessità di rifare il tessuto della Chiesa, come si esprimeva l’allora Giovanni Paolo II.
Inoltre a partire dal Concilio Vaticano II, ribadito poi da altri documenti della Chiesa, si era fatta strada l’esigenza di aprire nelle parrocchie un cammino di iniziazione cristiana. Si pensi al documento della Chiesa “Rito di iniziazione cristiana degli adulti”, nella cui premessa alla sua traduzione in italiano, i Vescovi in riferimento alla catechesi parlano espressamente di “un itinerario di tipo catecumenale”.
Così tutto il taglio della pastorale avviata e poi seguita é stato quello di una predicazione kerygmatica, l’annunzio cristiano dell’amore di Dio per ogni uomo e la scelta del Cammino neocatecumenale, perché chi fosse interpellato dal Kerygma avesse la possibilità di verificarne la verità attraverso un cammino di riscoperta del battesimo a livello esistenziale.
In Parrocchia avevamo già l’esperienza francescana, ma occorreva qualcosa che permettesse di raggiungere ed interpellare i lontani.
Siamo partiti così, semplicemente, come vi dicevo, senza grandi programmi.
Parafrasando l’affermazione del grande biblista Dibelius a riguardo della formazione dei Vangeli, potrei dire che all’inizio della nostra pastorale “ci fu la predicazione”.
Il resto é stata opera del Signore.

E così lungo questi anni ho sperimentato continuamente il miracolo di “queste mani bucate”, per usare l’espressione che Bernanos mette in bocca ad un povero, tragico prete, protagonista di un suo romanzo, le curé de campagne: queste mani bucate, che non contengono nulla, le mani di un uomo povero e peccatore, attraverso le quali, passa la grazia di Dio per arrivare all’uomo.
E dicendo questo mi si presentano, in una sequenza interminabile, tanti visi, tante storie, tante situazioni disperate, tante vite distrutte, tanti matrimoni ormai senza speranza, in sintesi, tutta quella miseria umana che ci appartiene, in cui Dio si é fatto presente con la tenerezza di un padre e che con la potenza del Suo Spirito fa rivivere e fa nuove tutte le cose.
Anche i tanti lavori fatti, a partire dalla chiesa nuova, sono stati la conseguenza della pastorale avviata, quasi la forma che andava prendendo lo spazio esterno, per adeguarsi a quello che il Signore andava costruendo all’interno.
Anche in quest’ambito, il Signore ci é venuto incontro in un modo impressionante. Ho sperimentato la sua provvidenza. Ho perso il conto di quanto si é speso. Non abbiamo avuto aiuto da alcuno, né dalla nostra Provincia monastica, né dal mondo politico. Non é stato necessario.
Il Signore si é servito della vostra grande generosità. Siete stati talmente generosi che mi avete evitato di dovervi chiedere un aiuto economico. Di questo vi ringrazio di vero cuore, sicuro che il Signore vi ha già ricompensato. Abbiamo fatto solo le collette per i poveri, per i bambini adottati del terzo mondo, per il seminario e per le missioni, non per i lavori.
Sono certo che il Signore continuerà l’opera sua e la porterà a compimento.
Vi confesso che io porto un desiderio nel profondo del mio cuore e che continuamente pongo dinanzi al Signore: che possa ritornare la Chiesa che emerge dagli scritti del Nuovo Testamento, la Chiesa dei primi secoli: la Chiesa, come luogo per rinascere, luogo dove l’uomo può sperimentare la infinita tenerezza di Dio nei confronti della sua sofferenza, dove, finalmente, essere cristiano significhi rompere drasticamente e definitivamente con il “mondo”.
Una Chiesa capace di scrollarsi di dosso tutta l’impalcatura religiosa che l’appesantisce, perché possa emergere in tutto il suo splendore la bellezza dell’esperienza battesimale, la bellezza della vita senza la morte.
Attualmente sembra un sogno impossibile. Ma Dio rende possibile l’impossibile. Nella resurrezione di Gesù Cristo non succede proprio questo, che Dio rende possibile l’impossibile?
Allora il nostro desiderio diventa una speranza ben fondata.
Solo una Chiesa in cui nella vita dei cristiani si manifesta la vittoria sulla morte, può interpellare il mondo moderno, post-cristiano.
Ho cercato di darvi in questi anni quello che il Signore mi ha dato. Con tutte le mie povere forze.
Ma quanto il Signore mi ha dato é arrivato a voi passando attraverso la mia fragilità ed il mio peccato. Di questo chiedo perdono a Dio e a tutti voi.
Vi lascio con un cuore libero. Non appesantito da recriminazioni, da dubbi, da rancori verso qualcuno. Nessuno deve sentirsi debitore nei miei confronti.
Se penso alla misericordia che Dio ha avuto con me, a quante volte mi ha perdonato, a quante volte mi ha rialzato, a quante volte mi ha evitato che io mi perdessi irrimediabilmente, non posso incontrare i miei fratelli che nella misericordia.
Ho solo motivi per ringraziare il Signore.
Vi lascio con la certezza che la nostra storia la conduce il Signore e con la consapevolezza di potere rimanere in una comunione profonda tra noi: sia io che vado via, sia voi che rimanete qui, saremo insieme tra le braccia di Dio.
E’ stato un bene che io non sia andato dove volevo andare, e sia approdato dove non volevo andare
Vi ringrazio tutti di vero cuore per l’affetto che in questi anni mi avete mostrato, la benevolenza con la quale mi avete sostenuto e incoraggiato. Ringrazio quanti in svariate maniere mi avete collaborato. Mi sarebbe difficile ricordarvi singolarmente. Il Signore lo sa.
Un grazie riconoscente ai Vescovi di questa Diocesi, Mons. Garsia prima, e Mons. Russotto poi, ed a tutto il clero per avermi accolto sempre con simpatia. Ho avuto l’onore di fare parte del Consiglio pastorale diocesano, eletto dal clero e di essere stato chiamato a servire la Diocesi come Direttore spirituale del Seminario per un anno. Ne posso dimenticare la fiducia accordatami dall’attuale Vescovo inviandomi quattro Diaconi a fare esperienza nella nostra parrocchia.
Un grazie particolare anche ai miei confratelli che mi hanno accompagnato in questo lungo cammino, specialmente a quelli qui presenti, P. Zaccaria, P. Ernesto, fra Michelangelo, fra’ Rafael, ed in particolare al mio omonimo P. Vincenzo, che in quanto vice-parroco ha portato maggiormente il peso del lavoro pastorale durante la mia malattia. A tutti loro auguro ogni bene e che il Signore li accompagni nel loro servizio alla nostra comunità parrocchiale. Pace e Bene!