Salute

Mirco Scarantino, “Guardo alla terza Olimpiade… mi sento troppo Tokio”

Donatello Polizzi

Mirco Scarantino, “Guardo alla terza Olimpiade… mi sento troppo Tokio”

Ven, 30/09/2016 - 19:18

Condividi su:

pagina 31 del mensile di settembre 2016

pagina 31 del mensile di settembre 2016

CALTANISSETTA – Non c’è due senza tre. L’antico adagio, per alcuni abusato luogo comune, calza a pennello per Mirco Scarantino, straordinario pesista nisseno di 21 anni, che quest’estate a Rio 2016 ha disputato la sua seconda Olimpiade, dopo Londra 2012. Neanche il tempo di rifiatare che è già il momento di guardare avanti, di puntare a Tokio 2020. Con non comune caparbia e incrollabile forza di volontà, si prepara ad altri quattro anni di allenamenti e gare internazionali (mondiali ed europei) nella speranza di continuare a migliorare i suoi risultati olimpici: dopo il quattordicesimo posto in terra anglosassone ed il settimo in Sud America, inutile mascherare il desiderio di podio.

Nel voler raccontare il viaggio sportivo dell’atleta nisseno alla volta dell’Oriente, segnato da altri 1460 giorni di sacrifici, dobbiamo partire da casa sua, da suo padre Giovanni Scarantino che ha partecipato come atleta a tre olimpiadi (Seul 1988, Barcellona 1992, Atlanta 1996) e poi anche a tre da allenatore, ma quella è un’altra storia. Un duello generazionale a cinque cerchi: inevitabile che l’allievo voglia perlomeno pareggiare il conto, senza precludersi la possibilità del sorpasso.

Olimpiade, evento planetario contenitore di emozioni sportive indescrivibili. Gli atleti si preparano quattro anni, per afferrare un sogno, per raggiungere un traguardo che li consegna alla storia, talvolta alla leggenda. Sugli spalti o davanti agli schermi, spettatori e amanti dello sport, cercano di respirare quel clima magico, si appassionano, tifano senza limiti nazionalistici, si lasciano trasportare da imprese quasi ai “limiti” dell’umano. Questo è il rapido compendio di una sola Olimpiade, pensiamo all’aumento esponenziale di suggestioni e trepidazioni, quando raccontiamo o tentiamo di raccontare, due, tre o più Olimpiadi.

Lasciamo che Mirco ci sveli il dietro le quinte. Oltre i risultati, oltre le gare, oltre il peso del bilanciere. “Si sognano, preparano per anni, s’inseguono, si odiano, si amano. L’esperienza olimpica che ho vissuto a Rio, è una delle cose più belle della mia vita. Realizzare il sogno che ogni atleta coltiva, la meta che speriamo di raggiungere”.

Le parole non disegnano adeguatamente le emozioni, non riescono a descrivere il caleidoscopio di sentimenti che segnano e imprimono nella memoria dei protagonisti giornate dai tratti indimenticabili. Mirco ci prova: “Da bambino dicevo sempre ai miei compagni di classe, ai miei amici, ai miei genitori, un giorno farò le Olimpiadi”. Probabilmente in casa Scarantino, quella parola nasconde una piccola ossessione: “Questa parola in famiglia si sentiva spesso perché avendo un padre per ben tre volte olimpionico puoi solo prendere esempio”. Corsi e ricorsi storici, buon sangue non mente.

image-1Ci avventuriamo nella “quotidianità” olimpica: “Cosa si vive nel villaggio olimpico? Tutti mi fanno questa domanda. Necessario fare dei distinguo. Io a Londra ero giovanissimo, appena 17 anni, ho capito davvero poco. Invece a Rio ho vissuto questa emozione a 360 gradi. Ho sempre detto a tutti, chi non ci passa non può capire, per comprendere in toto bisogna sperimentare un’emozione così forte. Vivere l’avvenimento sportivo planetario per eccellenza è indescrivibile. Io dividevo la camera con un grande personaggio, un grande atleta come Aldo Montano. Il vigoroso abbraccio prima della mia gara e sentirsi dare la giusta carica penso sia la cosa più bella. Condividere tutte le emozioni agonistiche, ma anche i momenti di socialità. Stare a contatto con tutti i campioni, farsi selfie, foto simpatiche, sapere che tutti insieme stiamo vivendo un’emozione bellissima ti da una carica bestiale”.

24

Tokyo

Un arcobaleno di bandiere, nazionalità, usi, costumi e consuetudini: “ Ogni mattina mi affacciavo e vedevo il villaggio olimpico, le bandiere che sventolavano, il nostro tricolore attaccato al balcone. I miei occhi brillavano. Oggi gesto della quotidianità olimpica era strabiliante. Andare a pranzo, vedere la mensa, una sorta di grande centro commerciale, ammirare tutti i tipi di cucina, assaggiar un po’ di tutto; sono cose nuove e belle che ti rimangono per sempre stampate nella mente”. Qualcuno potrebbe pensare ad un punto d’arrivo ed invece l’adrenalina olimpica è una droga di cui necessiti sempre in dosi maggiori. Mirco Scarantino è già al lavoro per Tokio 2020: “Ho raggiunto il mio secondo sogno, ma ancora non si è avverato del tutto; voglio e posso migliorare.  Sono partito da Londra chiudendo al quattordicesimo posto, passando al settimo di Rio che è stato un risultato meraviglioso, ma ho detto a tutti che Mirco guarda già avanti. Stiamo pensando a Tokyo 2020, il sogno sta ancora nel cassetto: per realizzarlo dovrò lavorare altri quattro anni per raggiungere quello a cui aspiro. Quella promessa che feci un giorno a mio padre, di potergli regalare a lui, ma sopratutto alla mia federazione, al mio gruppo sportivo della polizia, una medaglia olimpica. Per me Olimpiade è una parola che fa venire sempre i brividi”.

Bisogna credere molto in se stessi, oltre ad essere circondati da gruppi di lavoro (federazione e tecnici) di spessore, per iniziare progetti che si dipanano per quattro anni. Mirco, la sua forza non la spende ed impegna solo impugnando il bilanciere, ma mantenendo alta e costante la concentrazione. Non solo fisico ma anche psiche. Sorretto anche dall’azzurro della nazionale e dall’orgoglio di rappresentare oltre che l’Italia, anche l’adorata Sicilia e l’amata Caltanissetta. Inevitabile pensando al futuro, ai progetti, ai sacrifici, anche alle insidie, che tutto riconduca ai cinque cerchi. L’oriente chiama: “Mi sento troppo….Tokio!”.

Pubblicità Elettorale