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Tra paesaggi e sguardi: l’arte di Lillo Miccichè: la mostra si chiude l’11 agosto

Carmelo Barba

Tra paesaggi e sguardi: l’arte di Lillo Miccichè: la mostra si chiude l’11 agosto

Gio, 11/08/2016 - 15:09

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Miccichè 10MUSSOMELI – Continua la mostra fotografica di Lillo Miccihè, presso il Palazzo Misuraca di Via Palermo, inaugurata il 6 agosto scorso e si concluderà  l’11 agosto 2016:” Scatti dell’anima” il tema della mostra. Un evento, programmato nel carnet degli appuntamenti estivi del 2016 e varato dall’Amministrazione comunale di concerto con la Pro Loco di Mussomeli. Intanto, così commenta il  prof. Tonino Calà le fotografie di Lillo Miccichè: “Guardando” le foto di Lillo Miccichè non viene da pensare a particolari tecniche fotografiche, non a fonti d’ispirazione di celebri fotografi, né a un uso di speciali macchine fotografiche supertecnologiche, né a temi fantasiosi che colpiscono per la freschezza e la novità delle immagini, né ad una sapiente cultura fotografica che ricorre nella pubblicistica e nella critica fotografica. Tutto questo può anche starci ma non è importante.
Guardando le sue foto e “vedendo” al di là delle apparenze, si scopre ciò che può essere considerato banale e scontato e non lo è: uno sguardo d’amore che succhia il sapere dell’arte fotografica per farsi emozione, poesia delle immagini.
Lo scatto può far sembrare tutte belle le invenzioni dei fotografi, avvantaggiati dalla reperibilità sul mercato di macchine sempre più perfezionate e che assistono con le loro multi funzioni la perizia di ripresa del curatore di immagini. Ma scegliere cosa fotografare e come fotografare è ciò che distingue un vero fotografo da un dilettante per passione e ne fa anche un artista.
Nelle foto di Miccichè ci sono i paesaggi, ci sono i dettagli di una vecchia casa forse lillomiccicheabbandonata, ci sono le tradizioni religiose della Sicilia, ci sono i volti curiosi e i gesti immortalati della quotidianità: tutti folgorati e fissati da uno scatto attento, spirituale, che dà al momento còlto un significato artistico che travalica la banalità, la consuetudine, la routine a cui siamo abituati.
Raccontare la nostra terra, l’isola dei misteri e delle paradossali realtà, gli riesce con un semplice clic, un percepito fisico della datità che si fa metafora di una condizione universale, per cui il fenomeno locale si mischia a quello globale e si eleva a espressione visiva di un mondo di indicibile bellezza.
Ma l’amore, il calore manifesto del nostro fotografo si avverte e si vede nelle foto dedicate agli altri, i diversi, gli emarginati, gli immigrati, i clochard, tutti mondi lontani dalla normalità che spesso ci mettono una paura irragionevole, una diffidenza atavica stratificata tra le pieghe dell’inconscio. Ultimi che, non sappiamo se per scelta o per destino, Miccichè ce li fa sentire famigliari: volti e immagini amiche, non distanti da noi. Si coglie anche la sofferenza dell’abbandono che ci suscita amore compassionevole e ci costringe a fare i conti con la nostra sensibilità.
Più di mille discorsi sull’integrazione culturale e razziale fanno le bellissime foto di Miccichè che recupera la condizione esistenziale di umanità così diverse e le fa percepire mondo unitario, idea armoniosa di un coro di immagini, una polifonia di colori, di tratti, di sorrisi, di gesti, di sguardi, di posture.
Paradigma di questo discorso è la foto della modella orientale il cui volto, truccato e coperto da una maschera, potrebbe confondere l’osservatore per fargli cogliere il solito messaggio di una estetica fine a se stessa e che invece rileva e svela nel ritratto l’anima femminile dello sguardo libero, non incatenato dall’occasione, della posa professionale da assumere, evadendo così il travestimento di una moda attenta al semplice gusto della bellezza esteriore.
Questa la cifra di linguaggio dell’arte fotografica di Miccichè: la capacità di afferrare l’umanità profonda dei soggetti al di là dei contesti e di situazioni dissimili, afflato spirituale di una visione umanistica ed umanizzante. ( a cura di Tonino Calà)

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