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Riflessioni: per servire bene lo Stato non bisogna essere necessariamente martiri

Redazione

Riflessioni: per servire bene lo Stato non bisogna essere necessariamente martiri

Dom, 11/10/2015 - 23:19

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CALTANISSETTA – ………..Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
Vangelo secondo Marco, c.10, vv. 17-22.

Il travaglio di molti credenti e’ lo sperimentare fino in fondo la capacità di lasciare ogni bene terreno e condividerlo con gli ultimi.
Ciò comporta una fede assoluta, la certezza di avere quel ‘tesoro in cielo’ che il giovane ricco non riesce a scambiare con l’appagamento in terra, percependo il premio della salvezza solo come una prospettiva.
È’ la fede l’unica discriminante tra le due opzioni, che comunque presuppongono una valutazione di opportunità, talvolta indipendente dalle qualità umane ed etiche dell’individuo.
Falcone e Borsellino avevano la certezza di dover essere sacrificati nella loro battaglia contro il male.
Ciò nonostante hanno rinunciato al bene terreno più prezioso, la vita, per seguire il loro credo Laico di una società liberata dalla mafia, forma tra le più insidiose della materializzazione dell’opera di Lucifero.
Non siamo in grado di misurare l’intensità della Loro fede in Dio, e quindi non sappiamo se abbiano mai pensato al loro prossimo ‘tesoro in cielo’ mentre sperimentavano quotidianamente la possibilità del loro martirio. Sappiamo certamente che lo hanno fatto per la fede nelle Istituzioni della Repubblica, anche quando gli uomini che le rappresentavamo non remavano nella stessa direzione. Hanno tenuto ben presente che la Repubblica è il popolo e non la sua estemporanea e talvolta inadeguata rappresentanza. Tenevano la “Stella d’Italia” accanto al Crocefisso, circondata dalla ruota dentata, simbolo del lavoro su cui è fondata la nazione, entrambe racchiuse tra il ramo di quercia, che simboleggia la forza e la dignità ed il ramo d’ulivo, simbolo della voglia di pace del Popolo Italiano. Valori tutti che culminano nella solidarietà per i propri connazionali, ma che a differenza della fede Cristiana non promettono in cambio nessun “tesoro in cielo”, ma solo lacrime in aulici funerali di Stato, e tanta sofferenza per quanti hanno veramente amato.
Fede o non fede i due magistrati, hanno scelto, e paradossalmente il loro sacrificio e’ stato tanto più autentico quanto più gratuito, forse unico.
Nessun servitore dello Stato, per quanto diligente e fedele possa essere nel proprio pubblico mandato, e per quante traversie ed ostacoli possa trovarvi, e’ legittimato a paragonare la propria condizione, non solo a Falcone e Borsellino, ma a tutti i martiri laici, se non ha profondamente sperimentato la consapevolezza di essere condannato a morte per aver servito gratuitamente il Proprio Paese.
Noi crediamo che l’abuso, ormai ai limiti del grottesco, dei riferimenti ai nostri martiri sia comparabile, nell’ambito laico, all’inosservanza del secondo comandamento.
Noi crediamo che per essere dei buoni servitori dello Stato non occorre necessariamente essere dei martiri, ma solo operare onestamente e con sobrietà, facendo fino in fondo del proprio meglio per migliorare le condizioni di vita dei propri simili.
Noi crediamo che la nostra dignitosa e taciturna gente sia molto, troppo stanca di sentire vacui slogan e parole senza senso e si aspetti non eroi, ma solo normali pubblici servitori, consapevoli che il loro sostentamento e’ frutto del lavoro dei cittadini di cui a loro volta si occupano, e che solo con azioni concrete di mutuale cooperazione si garantiscono le migliori condizioni di vita nel nostro Paese, nella nostra Regione, nella nostra Città, nel nostro Quartiere.