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Sì della Camera al Jobs Act: la riforma del lavoro passa al Senato. Renzi: “Più tutele e lavoro”

Redazione

Sì della Camera al Jobs Act: la riforma del lavoro passa al Senato. Renzi: “Più tutele e lavoro”

Mer, 26/11/2014 - 09:47

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ROMA – Sì dell’Aula della Camera al Jobs act. Il testo, approvato a Montecitorio con 316 sì, 6 no e 5 astenuti, torna al Senato. L’opposizione non ha partecipato al voto. Poco prima della votazione finale, tutti i deputati dell’opposizione hanno lasciato l’Emiciclo. Hanno votato sì al Jobs act 250 deputati Pd, 22 di Sc, 16 di Ncd, 14 del Misto, 12 di PI. In tutto, 1 della Lega, 1 di Fratelli d’Italia.

“Grazie ai deputati che hanno approvato il jobs act senza voto di fiducia. Adesso avanti sulle riforme. Questa è #lavoltabuona”. Così Matteo Renzi su twitter ringrazia i deputati dem dopo il voto alla Camera sul jobs act.

“La Camera approva il jobs act. Più tutele, solidarietà e lavoro”. Matteo Renzi ritwitta la valutazione del gruppo Pd della Camera sul jobs act.

Fassina, Renzi alimenta tensioni sovversive. “Le parole di Renzi non aiutano la pace sociale. Alimenta le tensioni sovversive e corporative”. Lo afferma il deputato del Pd Stefano Fassina alla Camera nel corso della conferenza stampa della minoranza Pd sul Jobs Act.

Tentata contestazione dalle tribune del pubblico dell’Aula della Camera, probabilmente da esponenti della Fiom, durante il dibattito finale sul jobs act. Mentre parlava Lello Di Gioia (Psi), alcuni spettatori con addosso magliette rosse della Fiom sotto la giacca si sono avvicinate al parapetto. Il vicepresidente Luigi Di Maio ha ordinato ai commessi di allontanarli dalla tribuna. Spuntano anche i cartelli dei deputati M5S con la scritta “Licenziact”. La presidente Laura Boldrini ne ha ordinato la rimozione ai commessi.

Inizialmente, soltanto la Lega aveva annunciato la sua non partecipazione al voto finale sul Jobs Act. E’stata, dunque, una sorpresa vedere oltre ai deputati del Carroccio e di M5s anche quelli di FI e di Sel abbandonare l’emiciclo poco prima della votazione finale. Ad accendersi sono state soltanto le lucine sul tabellone relative alle postazioni di voto dei deputati della maggioranza.

Minoranza Pd in ordine sparso. Quaranta deputati del Partito democratico (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato il Jobs act, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. E’ quanto risulta dai tabulati del voto in Aula. I no sono quelli di Giuseppe Civati e Luca Pastorino. Astenuti i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini. Marco Di Stefano, Francantonio Genovese, Simonetta Rubinato, Rosa Villecco Calipari, Francesca La Marca, Enrico Letta. Sono i deputati che, secondo quanto affermano fonti del gruppo Pd, oggi non hanno partecipato al voto finale sul Jobs act in quanto assenti “giustificati”, per diverse ragioni. Questi sei andrebbero dunque sottratti dal conteggio dei quaranta che, in base ai tabulati, non hanno votato il provvedimento.

Il documento della minoranza Pd. “Alla fine di una discussione seria e che rispettiamo non possiamo votare a favore del Jobs act. Abbiamo apprezzato l’impegno della commissione Lavoro della Camera e riconosciuto i passi avanti compiuti su singole norme. Tuttavia, l’impianto del provvedimento rimane non convincente”. Così il documento firmato da 29 deputati della minoranza Pd che non votato il Jobs act. “Ci preoccupa il cedimento culturale all’idea che la libertà di impresa coincida con vincoli da abolire per consentire finalmente il diritto di licenziare”.

Poletti: atteggiamento minoranza Pd prevedibile. L’atteggiamento della minoranza Pd sul Jobs act “era in qualche misura prevedibile”. Così il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, uscendo dall’Aula della Camera dopo il voto finale. “C’è una discussione – osserva – che va avanti da tempo e posizioni notoriamente diverse. Tuttavia anche chi non ha espresso voto favorevole alla fine ha apprezzato i miglioramenti e ha riconosciuto il lavoro svolto”.

Vendola: tradotto significa “lavoro sporco”. “Tradotto in italiano: lavoro sporco. Governo Renzi, precarizzare, demansionare, licenziare: sono questi i verbi della resa culturale alla destra. Cosi Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, su twitter dopo il voto alla Camera sul Jobs act. Lo rende noto l’ufficio stampa nazionale di Sel. (Fonte ansa.it)

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