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“Guerrin Meschino” della compagnia MDA di Roma in scena al Margherita martedì 28 ottobre: tratto da un lavoro di Gesualdo Bufalino.

Redazione

“Guerrin Meschino” della compagnia MDA di Roma in scena al Margherita martedì 28 ottobre: tratto da un lavoro di Gesualdo Bufalino.

Gio, 23/10/2014 - 11:14

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ImmagineCALTANISSETTA – Con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Caltanissetta, martedì 28 ottobre 2014 presso il Teatro Margherita di Caltanissetta si terrà lo spettacolo “Guerrin Meschino” tratto da un lavoro di Gesualdo Bufalino. L’opera per teatro/danza e musica verrà presentata dalla Compagnia MDA Produzioni Danza di Roma, con e gli attori Sebastiano Tringali, Cinzia Maccagnano, Gabriella Cassarino, Carlotta Bruni, Rosa Merlino. In programma due spettacoli alle ore 11 un matineè per le scuole e alle 21 lo spettacolo serale.

Il lavoro mette in luce l’opera di uno tra i maggiori scrittori siciliani del secondo Novecento e rappresenta un importante contributo alla formazione della  coscienza civile e  dei valori della legalità.

Dall’opera lettereria alla messa in scena:

Il “Guerrin Meschino” di Bufalino è una delle opere meno note dello scrittore e poeta di Comiso, ma rappresenta uno dei testi in cui maggiormente emerge il bagaglio culturale dell’autore : gli aspetti fondamentali del genere cavalleresco sono perpetrati attraverso il recupero di una vicenda narrata da Andrea da Barberino alla fine del XIV secolo e in cui si ritrovano le influenze delle altre grandi opere di questo plurisecolare filone letterario.

Il testo che ispira questa messa i scena è un romanzo che mostra uno scenario fantastico dove interminabili e inconsueti eventi si intrecciano con gli enigmi dell’esistenza. Quel che vi si scorge sin dalle prime pagine è lo straniamento favolistico della storia, raccontata da un puparo. Il contesto narrativo è medioevale anche se il tema di fondo è tipico del presente o, meglio, di ogni tempo. Il mondo qui appare come impigliato in una ragnatela di subdole parvenze che fanno disperdere il senso dell’identità ed è babelica rappresentazione di un vorace nulla. Così che, la favola stessa, perdendo la sua fisionomia, muta la funzione nel naufragio delle esperienze.

Il fertile immaginario di Gesualdo Bufalino è avvincente e si manifesta in una scrittura arcaica, visionaria e metaforica. Sul gioco dell’invenzione, lo scrittore ridà così vita al Guerrino, mostrandolo alla ricerca della propria origine. Il termine “Meschino” equivale a “misero”, e sta a indicare una condizione di solitudine in conseguenza della sua nascita a lui ignota. …. Poi la vicenda s’infittisce fino ad assumere i connotati dell’impresa cavalleresca: ne nasce un singolare viaggio dall’atmosfera iniziatica, ricco di intrecci tenebrosi.

Lo sdegno di Bufalino contro la mafia Da Corriere della Sera 1993 – Collura Matteo

……   approssimandosi l’ anniversario della strage di Capaci, fu lui, l’ appartato e “reticente” Gesualdo Bufalino, a chiedere spazio su un giornale. “Mi e’ venuto di scrivere una sorta di sdegno in versi”, disse. E cosi’ affido’ al “Corriere della Sera” un brano poetico dove “poveri paladini in borghese” vengono trucidati come in una guerra in cui ogni residuo di pieta’ e’ bandito. Quel brano che sul “Corriere” s’ intitolava “Fuoriscena del vecchio puparo. Versi per un anniversario”, si trova adesso ne Il Guerrin Meschino, romanzo fiaba che Bufalino pubblica con l’ editore Bompiani. Un intermezzo doloroso (e per l’ autore doveroso) che nel racconto delle gesta del Guerrino viene a rafforzare la metafora. E’ il puparo (colui che racconta, nel romanzo di Bufalino) a parlare; e il titolo del brano suona come un epitaffio: “Chiuso per lutto. (23 maggio 1992; 19 luglio 1992)”. Sono, queste, le date in cui la ferocia mafiosa spazzo’ via i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E’ cambiato il titolo di questo capitoletto, ma sono rimasti, e non si dimenticheranno, i versi: “Sicilia santa, Sicilia carogna…. Sicilia Giuda, Sicilia Cristo…. Battuta, sputata, inchiodata. palme e piedi a un muro dell’ Ucciardone…”. E: “Isola leonessa, isola iena…. Cosa di carne d’ oro settanta volte lebbrosa…”. E ancora: “poveri paladini in borghese,. poveri cadaveri eroi,. di cui non oso pronunciare il nome…”. Ecco, dunque, che Bufalino fa un’ incursione nella cronaca dei nostri giorni. Ma non e’ la sola, questa. L’ uso stesso del “vecchio puparo”, struggente personaggio cui lo scrittore affida il cartellone colorato per narrare la storia di Guerrino, ci fa capire che Bufalino vuol parlarci di lui e dei suoi giorni: “…M’ e’ rimasto un fondaco d’ ombre, qui a un cantone di piazza Carbone…”. E quel cantone, quel luogo dove il vecchio cantastorie si e’ rintanato, non e’ altro che la Comiso …..Ma, pur se affascinato dalla pagina scritta, pur se nutrito di essa, Bufalino e’ troppo “vecchio” e ha letto troppo per non avvertire il disincanto. Il Guerrin Meschino, attraverso le parole del puparo io narrante, mostra anche l’ interno e con esso l’ inutilita’ di quel meraviglioso giocattolo che e’ la letteratura. E’ come se Bufalino vi si fosse accanito fino alla saturazione, fino a non sentirne piu’ gli effetti balsamici, fino a “non crederci piu’ “. ………E cosi’ per un po’ Il Guerrino ci distrae: “…E cammina cammina, la foresta non finiva mai…”. Corre, fugge, insegue, ama e uccide, il Guerrino. Ma la sua storia, nelle pagine di Bufalino, s’ interrompe “per stanchezza dell’ Oprante”. Il gioco e’ bello, ma dura poco. Lo scrittore, sappiamo, ne ha sbirciato il meccanismo.

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