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Ramadan a Caltanissetta, impazza la polemica “social”. Le riflessioni di Pierluigi Campione

Michele Spena

Ramadan a Caltanissetta, impazza la polemica “social”. Le riflessioni di Pierluigi Campione

Mer, 30/07/2014 - 03:40

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imageCALTANISSETTA – “Scorrono fiumi di parole, ormai più digitate che scritte o pronunciate, sulla polemica relativa alla celebrazione della fine del Ramadan in Piazza Garibaldi. Trecento (?) “giovani e forti” hanno sollevato un dibattito – svoltosi per lo più sui social network e sui giornali online – sull’opportunità di consentire un rituale non confacente ai valori e alle funzioni religiose che definiscono l’architettura della “Grande Piazza”. Si evidenzia la profanazione che comporterebbe tale evento nei confronti dell’identità cattolica prevalente nella popolazione, e delle strutture consacrate di fronte a cui si manifesterebbe tale evento. “E’ sentimento diffuso che le Divinità si lascino intravedere, di tanto in tanto, dagli uomini”, scriveva Leopardi. La contrarietà è quindi mossa dalla paura che Allah possa improvvisamente comparire tra Santa Maria La Nova e San Sebastiano, magari in luogo della ripristinata Fontana del Tritone? Dal timore che i musulmani dichiarino Caltanissetta “città santa”, e ne inibiscano l’ingresso e la permanenza ai cittadini di altre confessioni? Dall’incubo che essi impongano, infine, le regole antidemocratiche applicate in molti dei Paesi di provenienza, ove fede e potere politico coincidono pericolosamente? Non si può ritenere che i giovani oppositori siano animati da tali ragioni e discutendo nella “grande piazza” di internet si disvela, nella sua decadenza e anacronismo, il motivo ispiratore: chi scrive ha infatti sollecitato lo scrivente di un secco “contro il Ramadan!” in una pagina “civica” ad illustrargli il motivo di tale fermo rifiuto. Dopo circa venti “post” (cambiano i tempi e i termini), inizialmente negando ragioni ideologiche, ha finalmente affermato di avere un solo idolo, ovvero Benito Mussolini. A nulla è valsa la ripetitiva citazione dello scrivente dell’art. 19 della Costituzione, inerente la libertà religiosa. Piazza Garibaldi si trova a Caltanissetta, Italia ove vige questa Carta fondamentale quanto a Roma, a Firenze o a Trieste. Chiunque, in virtù di tale articolo, può professare e manifestare la propria fede, anche in pubblico, indù e animisti inclusi. Per non scomodare la Costituzione, basta un semplice weekend low cost in una capitale o in una città europea per accorgersi quanto la libertà religiosa sia metabolizzata, accettata come una normale espressione della propria individualità, della propria cultura; nei voli intercontinentali di qualunque compagnia è persino possibile prenotare il menù personalizzato a seconda delle restrizioni alimentari imposte dalla fede.

A Caltanissetta, Italia, Europa sopravviene il turbamento perché alcune centinaia di residenti di etnia e credenze differenti che popolano il nostro centro storico, e quindi rivendicano legittimamente la Piazza Garibaldi come unico spazio di aggregazione adatto in questa occasione, festeggeranno una ricorrenza religiosa. La manifestazione di fastidio e di intolleranza è in realtà la punta di un iceberg di una condizione più ricorrente; affrontando tra nisseni un discorso sulla città storica e beni culturali, il ritornello è la medesima, sdegnata lamentela: “ormai in centro si vedono quasi solo extracomunitari”, dimenticando che un secolo fa vi fossero quasi solo minatori, artigiani, jurnatara; e alcuni nobili di fresca nomina, ovvero i loro padroni. E’ in questo nodo, cruciale, che si gioca il futuro della nostra città. Il “salotto buono” della nostra città, di una intensa ma breve stagione sociale e culturale, non potrà rinascere come in passato, rassegniamoci.

Sciascia scrittore, Sciascia editore, Vitaliano Brancati non risorgeranno purtroppo. Non rinasceranno, però, per nostra fortuna neanche le case di tolleranza, la solitudine lussuosa dei palazzi dei padroni delle “pirrere”, e le casupole ormai cadenti dei poveri cristi; non ritornerà, per fortuna, il reato di adulterio né quello di diserzione, né la pena di morte. Rimangono le architetture, i quartieri, il tessuto urbanistico, la sacralità dei luoghi, la memoria storica da preservare e trasmettere. Ecco perché, oggi, per ridare dignità alla cittadina non è opportuno vagheggiare, acriticamente, una storia perduta e desueta e le sue spesso ingiuste e indigeribili consuetudini e regole; doveroso e utile è tramandare, trasmettere, rileggere, interpretare le tradizioni e le vocazioni del nostro territorio. La guerra da combattere oggi, anche a Caltanissetta, non è contro i nostri concittadini che scenderanno in piazza in nome di un’altra credenza religiosa: la vera guerra è la sfida della contemporaneità. In assenza di un senso di appartenenza a un mondo più ampio, di ricerca e sperimentazione, di contaminazione e curiosità, qualche giovane concittadino (uno o trecento?) si sentirà confuso, senza memoria e soprattutto senza storia, nel senso più ampio e democratico del termine. E pur di trovare un senso e una definizione in una città avvolta dalle periferie, tra un’apericena e un giro in SUV ma tra poche letture e rari viaggi, qualche giovane si sentirà identificato esclusivamente per negazione, scagliandosi contro l’identità di suoi simili diversi per razza, religione, fede politica, orientamento sessuale; fintamente o da credulone in nome dei “bei tempi andati”, di un dio intollerante e del dittatore Mussolini.

Pierluigi Filippo Campione

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