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Polizia Scientifica. Gli eredi di Sherlock Holmes in camice bianco e mostrine

Donatello Polizzi

Polizia Scientifica. Gli eredi di Sherlock Holmes in camice bianco e mostrine

Mar, 22/04/2014 - 02:28

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L’ispettore Capo Responsabile Alfonso Messina

CALTANISSETTA – Stiamo per entrare nel Gabinetto della Polizia Scientifica della Questura di Caltanissetta, la targa apposta fuori dalla porta, affascina, incuriosisce ma anche incute timore. L’esclusiva possibilità di raccontare il lavoro, la passione, l’impegno, l’abnegazione di questi poliziotti è una responsabilità. Si apre la porta, scorrono nella nostra mente innumerevoli notti trascorsa su Fox Crime o in compagnia di CSI, RIS, film e telefilm vari. Ci accoglie l’ispettore Capo Responsabile Alfonso Messina, che guida il Gabinetto dal 2003.

Il nostro sguardo viaggia veloce fra “congegni” particolari, scanner per le impronte, antiche macchine fotografiche ben sistemate in bacheca a testimonianza della tradizione, camici bianchi e le mitiche “valigette” con la scritta “Polizia Scientifica”. Inutile nasconderlo, siamo affascinati.

Iniziamo dalle origini. “La fama della Scientifica è stata guadagnata sul campo in più di cento anni di costante impegno e cioè dal 1903 quando, a Roma, in via delle Mantellate, Salvatore Ottolenghi fondò la Scuola Italiana di Polizia Scientifica. Nel 1902 presso la sala riconoscimenti delle Carceri di Regina Coeli, Ottolenghi, che era stato assistente del fondatore dell’antropologia criminale Cesare  Lombroso, tenne una serie di conferenze in materia di Polizia Scientifica davanti a 35 funzionari superiori della Questura di Roma. Nel 1919, con Regio Decreto 2504, Re Vittorio Emanuele III istituisce in Roma, alle dipendenze del Ministero dell’Interno la Scuola di Polizia Scientifica”.           

DSC_0359Traspare dalla parole dell’ispettore l’amore per il suo lavoro, per la sua missione, condivisa dai suoi uomini (in realtà c’è anche una donna): 10 Assistenti Capo della Polizia di Stato  con specializzazione di Polizia Scientifica (Videofotosegnalatori). Prima di tutto sono agenti di polizia al 100%, infatti Messina spiega: “Il personale in organico  infatti,  pur rivestendo le normali qualifiche del ruolo della Polizia di Stato, frequenta, in seguito, uno dei corsi di specializzazione di Polizia Scientifica presso la sede centrale di Roma, e consegue la qualifica di “Videofotosegnalatore”,  è  abilitato ad effettuare ‘investigazioni scientifiche’ all’interno del luogo in cui si è svolto il crimine e cioè a  ricercare  tutte quelle  tracce che potrebbero portare all’identificazione del reo come  frammenti di impronte papillare latenti, materiale biologico (capelli, saliva, sangue) e qualsiasi altro tipo di traccia con valenza anche solo indiziaria (impronta di pneumatico o  di scarpa, immagini estrapolate da sistemi di videosorveglianza)”.

Impossibile non farsi coinvolgere dalle fiction televisive che hanno sviscerato il settore, una moda partita dall’America ma che ha presto coinvolto il mondo intero. Noi però ci occupiamo della realtà:” Negli ultimi decenni si è assistito a uno sviluppo tecnologico tale che oggi, ad esempio,  è possibile ricavare un profilo di dna utile per successive comparazioni anche da tracce biologiche infinitesimali, ricavare informazioni preziose da  un semplice reperto balistico (bossoli, proiettili, armi etc.) grazie ai Microscopi Elettronici a Scansione dotati di Microsonda ai Raggi X che oltre alla morfologia del reperto danno informazioni anche sulla sua composizione chimica, cosa questa fondamentale ad esempio nella ricerca delle cosiddette Particelle dei Residui dello Sparo o nel caso del rinvenimento di un’impronta, avere risposte certe in tempi quasi reali. Tutte le varie fasi sopra descritte di cristallizzazione della scena del crimine mediante riprese video-fotografiche e rilievi planimetrici, ricerca repertazione e conservazione delle tracce rinvenute e esaltazione di impronte latenti  vengono  documentate e descritte nel “verbale di sopralluogo” che sarà successivamente consegnato all’Autorità  Giudiziaria e che costituirà  elemento fondamentale e certo  per la ricostruzione futura della scena del crimine”.

Non tragga in inganno l’utilizzo della tecnologia, arma vincente è sempre l’intuito, l’esperienza, il “fiuto” investigativo. “La scena del crimine ci parla”, la frase dell’ispettore è un manifesto di empatia. Un quadro che ai nostri occhi potrebbe sembrare astruso o “duro”, sangue, rottami, schegge, pallottole, è una realtà che dialoga con la Scientifica: però quel linguaggio di indizi, segni, impronte, bisogna conoscerlo, interpretarlo nella maniera più proficua. “Dallo studio della scena del crimine spesso otteniamo il cosiddetto Modus Operandi adottato dal reo”.

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il ritrovamento di Pierantonio Sandri avvenuto il 22 settembre 2009.

Il caso: “Fra i tanti, ricordo che dovevamo verificare le dichiarazioni di un pentito e rinvenire, nella sughereta di Niscemi, il cadavere di Pierantonio Sandri ucciso nel 1995. Nell’occasione ci avvalemmo anche della collaborazione dei colleghi della Polizia Scientifica del Commissariato di Niscemi. Iniziammo alle prime luci dell’alba. Dopo svariate ore trovammo, nascosto dalle fronde di un cespuglio, l’indizio che cercavamo: dal terreno emergeva la punta di uno scarponcino. Era un vecchia scarpa buttata lì per caso? O era ancora indossata dal cadavere del povero ragazzo che cercavamo? Il cadavere dopo 14 anni sarebbe sicuramente stato scheletrizzato e quindi molto fragile; per scavare applicammo tecniche di “Archeologia Forense”, impiegando tutti quegli strumenti di solito utilizzati nello scavo archeologico (spatole, cazzuoline, pennelli). La scarpa rinvenuta era parte integrante di un cadavere ormai scheletrizzato. Verso sera concludemmo le operazioni di scavo. Documentate tutte le varie fasi del rinvenimento: alla fine emerse lo scheletro umano con i vestiti e gli oggetti indossati al momento dell’omicidio avvenuto 14 anni prima e che riconosciuti dai familiari permisero in prima battuta di confermare l’identità dello stesso che fu successivamente confermata scientificamente  dalle analisi del dna”.

Il tempo è quanto mai Tiranno, siamo “costretti” a salutare l’ispettore ed i ragazzi della Scientifica, sono stati straordinariamente disponibili, e ci avviamo verso le scale. Abbiamo compiuto un viaggio, nei meandri dell’investigazione, interessante: i criminali non dormiranno sonni tranquilli. Per un attimo riflettiamo, torniamo indietro e con un fazzoletto togliamo le nostre impronte dalla maniglia della porta…. Non si mai!

Nicastro FilippoIl Questore Filippo Nicastro:”L’attività investigativa è sinergia”

Il Questore Filippo Nicastro, ci accoglie nel suo studio. Iniziamo dalla sua enorme esperienza, competenza e sagacia, è in Polizia dal 1976, il viaggio alla scoperta della Polizia Scientifica a Caltanissetta. Le sue parole chiariscono in maniera nitida, l’importanza del lavoro di squadra: “L’attività investigativa si compone di più fasi Il primo intervento avviene dalla sezione Volanti, che blocca la scena del reato e  assume le prima informazioni; dopo di che se lo richiede il caso, subentrano la Squadra Mobile e laddove è necessario, ci siano tracce da conservare la polizia Scientifica, che è bene ricordare è inserita nella Divisione Anticrimine. Nel capoluogo nisseno vi è un Gabinetto Provinciale, con due articolazioni nei commissariati di Gela  e Niscemi. Siamo alle dipendenze funzionali del Gabinetto Regionale di  Palermo, diretto da un Vicequestore e del Servizio Polizia Scientifica di Roma”. Le competenze sono determinate: “Si occupa del fotosegnalamento di P.G. delle persone denunciate o arrestate a vario titolo dagli organi investigativi, le cui impronte vengono archiviate nel Casellario Centrale di Identità del Servizio Polizia Scientifica. Provvede al fotosegnalamento per identificazione o per richiesta Asilo Politico dei cittadini extracomunitari ospitati nel Centro di Accoglienza di Pian del Lago”.
Ecco le cifre del 2013: Fotosegnalamenti:  Ordinari  311, Pian del Lago 2289  (media 200 al mese). Sopralluoghi: furto, incendio autovetture, danneggiamenti,  rapine, suicidi, incidenti sul lavoro, 243 (media di 20 interventi al mese). Totale autori di furti identificati dal 01.01. 2013 al 31.03.2014, 23  di cui: 17 furti appartamento (di cui 2  identificati dalla Sezione del Serv. Pol. Scientifica che si occupa dei casi irrisolti “Cold Case”); 5 furti Istituti Scolastici (1 Liceo Scientifico;1 Professionale; 1 Geometra; 1 Tecnico Industriale; 1 Tecnico Biologico e Linguistico P.A.C.L.E.);  1 furto autovetture.

Il Rilevamento

DSC_0303I frammenti di impronte papillari latenti sono “quelle che ci sono ma non si vedono”. Le squadre di sopralluogo evidenziano i frammenti di impronte latenti con le polveri esaltatrici; tale attività risulta efficace specie quando le impronte papillari sono “fresche”: deposte cioè fino a 100 ore prima dell’intervento di sopralluogo. Le impronte papillari latenti rinvenute sulla scena del crimine vengono esaltate con particolari polveri di alluminio a granulometria finissima nell’ordine di qualche micron (millesimo di millimetro), e poi asportate con adesivi speciali e conservate come reperti e se si dovesse riscontrare la presenza minima di 17 punti caratteristici detti “minutie”, sono giudicate utili per i confronti. In seguito, dopo essere state  scannerizzate, vengono confrontate con quelle presenti nella banca dati informatica denominata A.P.F.I.S. (Automatic Palmprint and Fingerprint Identification System) che racchiude, a livello nazionale, le impronte di tutti i pregiudicati fotosegnalati e nel caso in cui l’impronta incognita rilevata in sede di sopralluogo risulta avere gli stessi 17 o più punti uguali per forma e posizione con quelli di una di quelle presente in banca dati e di cui si conosce il nominativo del proprietario si ha la cosiddetta “Identità Dattiloscopica” e cioè la certezza che le due  impronte, essendo uguali,  sono state lasciate dallo stesso soggetto.

Il capo della Squadra Mobile Marzia Giustolisi: “E’ uno scambio d’informazioni”

DSC_0009“Determinante, basilare, risolutiva la sinergia fra Squadra Mobile e Scientifica”. Il Capo della Mobile, Marzia Giustolisi, pratica ed incisiva, come nella sua attività quotidiana, inquadra immediatamente l’argomento: “Se non ci fosse un attività pregressa della Mobile, basata sui riscontri sul territorio, il loro compito sarebbe più arduo. Un esempio aiuta a capirci. Individuiamo un soggetto che secondo le nostre indagini potrebbe essere l’autore di un crimine sul quale investighiamo. Facciamo in modo si far foto segnalare il soggetto, in modo che la scientifica possa confrontare le impronte rinvenute sul luogo del reato con quello del sospetto. Con questo sistema abbiamo smascherato molti criminali, risolto dei casi”. Senza dimenticare il contributo altrettanto importante degli uomini delle volanti spesso i primi ad intervenire: “Devono assumere un atteggiamento passivo nel non fare nulla e attivo nel fare in modo che anche altri  non facciano nulla”.
La Giustolisi, come ogni “capo” che si rispetti ha chiaro il significato del lavoro di equipe: “Vincente è il l’operato coordinato di Volanti, Mobile e Scientifica”.

(Pubblicato sul mensile il Fatto Nisseno di Aprile 2014)

Sfoglia il mensile al seguente link

https://www.ilfattonisseno.it/ilfattonisseno/

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