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Palermo, operazione anti-mafia: decapitata cosca e scongiurata faida, in manette 8 boss

Redazione

Palermo, operazione anti-mafia: decapitata cosca e scongiurata faida, in manette 8 boss

Sab, 19/04/2014 - 09:35

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imagesPALERMO – I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo stanno eseguendo otto provvedimenti restrittivi emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di presunti boss del mandamento mafioso di “Porta Nuova” accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso. L’operazione, che ha decapitato i vertici del clan, ha consentito di scongiurare l’inizio di una faida tra famiglie mafiose del mandamento, in contrasto tra di loro per la leadership della cosca.
L’operazione è collegata all’uccisione di Giuseppe Di Giacomo, indicato come esponente di spicco del mandamento di Porta Nuova, avvenuta il 12 marzo scorso a Palermo in via dell’Emiro. Gli investigatori ritengono di avere dunque bloccato un’escalation di violenze e vedette. Una vera e propria guerra pronta a esplodere per il controllo dello strategico mandamento ‘Porta Nuova’, nel cuore di Palermo. In questo quadro si inserisce l’assassinio di Giuseppe Di Giacomo, ammazzato sotto gli occhi del nipotino di 7 anni, in modo plateale, in strada e alla luce del sole, lo scorso 12 marzo. L’esecuzione di una sentenza di morte per punire l’attivismo della vittima che stava costruendo la sua ascesa al vertice della cosca, rompendo delicati equilibri. Cosi’ tra gli arrestati ci sono i mandanti e killer dell’uomo; e boss di peso da poco tornati in liberta’ e intenzionati a far capire che nulla e’ cambiato in questa grossa porzione di Palermo. Non poteva essere dunque tollerata l’ambizione di Di Giacomo, gia’ arrestato nel 2008 nell’ambito dell’operazione ‘Perseo’ che aveva sgominato il tentativo di ricostituzione della ‘cupola’ di Cosa nostra. In base all’accusa si sarebbe occupato di estorsioni, ma nel 2011 era stato assolto.

Gli otto arrestati dai carabinieri nell’ambito dell’operazione “Iago”, sono tutti affiliati alla famiglia mafiosa di Porta Nuova. Si tratta di Marcello Di Giacomo, 47 anni, fratello dell’uomo ucciso il 12 marzo; Vittorio Emanuele Lipari, 53 anni; Onofrio “Tony” Lipari, 24 anni; Nunzio Milano, 65 anni; Stefano Comande’, 28 anni; Francesco Zizza, 32 anni; Salvatore Gioeli, 48 anni; Tommano Lo Presti, 39 anni. Lipari e’ considerato il reggente della famiglia di Porta Nuova, Gioeli il reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro e Tommaso Lo Presti, recentemente tornato in liberta’, il suo successore. Le indagini sono state coordinate dal capo della procura Francesco Messineo, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli. L’indagine ha consentito di ricostruire l’attuale organigramma del mandamento mafioso facendo emergere i ruoli dei capi ma – sostengono gli investigatori – soprattutto ha permesso di scongiurare l’inizio di una pericolosa faida tra famiglie mafiose. L’indagine e’ stata avviata a maggio 2013 e si concentrava su Giuseppe Di Giacomo, braccio destro dell’allora reggente Alessandro D’Ambrogio, poi arrestato mentre Di Giacomo e’ stato ucciso a colpi di pistola, in pieno giorno, il 12 marzo scorso. Da subito era emerso il ruolo determinante di Di Giacomo, forte anche della parentela carismatica: il fratello Giovanni e’ infatti dentenuto per mafia, ma in grado di dettare le strategie criminali per controllare il territorio. Nel luglio 2013 viene arrestato il boss Alessandro D’Ambrogio e il vertice del mandamento viene decapitato per questa ragione Giuseppe Di Giacomo viene designato come suo successore. “Una scelta – scrivono gli investigatori – destinata a suscitare il risentimento in mafiosi di rango che, scarcerati da li’ a poco, non condividono la leadership. Di Giacomo viene ucciso – proseguono i militari -in un agguato eseguito con classiche modalita’ mafiose”. Dopo l’omicidio scatta il desiderio di vendetta da parte dei familiari di Giacomo – in particolare dei fratelli Giovanni e Marcello – che progettano di uccidere coloro che ritengono essere i responsabili del delitto”.

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