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Corso Umberto, progetto nuova pavimentazione non piace. Meglio ritorno all’antico

Redazione

Corso Umberto, progetto nuova pavimentazione non piace. Meglio ritorno all’antico

Gio, 01/09/2011 - 10:37

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Corso Umberto I nei primi anni Venti del secolo scorso (cartolina d'epoca inviata dal lettore)

CALTANISSETTA – Si torna a parlare della nuova pavimentazione di corso Umberto I, da piazza Garibaldi alla chiesa di Sant’Agata, purtroppo, ancora una volta, con l’opzione che prevede l’eliminazione dei due marciapiedi laterali al fine di creare un unico piano per una (una sola?) corsia di transito per le auto ed i pedoni. Di fatto si vuole realizzare qualcosa si simile a Piazza Garibaldi, dove non vi è il vero basolato lavico che si trova nella corsia prospiciente il Comune, ma un basolato adatto al solo calpestio pedonale, che si usura, si spezza e si stacca con estrema facilità. Inoltre conosciamo molto bene l’educazione tipicamente nissena di parcheggiare dove capita prima, ovvero anche nelle zone “non” di transito, considerando che in tutta la piazza vige il divieto di sosta.

Voglio immaginare il corso Umberto I su un unico livello, forse (perché non si rendono pubblici i capitolati d’appalto) con il basolato fino, inadatto al transito delle auto e dei pesanti bus; probabilmente con auto parcheggiate finanche vicino ai muri dei palazzi, considerata la carenza di Vigili urbani già adesso più quelli che andranno in pensione quanto prima; carenza del Corpo che non consentirà una costante presenza per scoraggiare la sosta selvaggia.

Ci si può chiedere se non sarebbe meglio rifare i marcipiedi esistenti in basolato fino, magari allargandoli, e ripavimentare il resto della strada con basole uguali a quelle poste dinanzi al Comune dal lato della piazza? Ci sarebbero degli spazi ben delimitati, in ogni caso, degli spazi che automaticamente resterebbero liberi per le processioni, una suddivisione ottimale già esistente nei primissimi anni Venti, quando peraltro auto non ce n’erano, come dimostra la foto che allego.

Perché tutte queste novità? Perché creare qualcosa che a sua volta creerà problemi? Perché realizzare un tratto solo (uno solo) di corso diverso dagli altri? Perché realizzare ancora una volta (quanti marciapiedi sono realizzati con materiali e colori diversi?) una città Arlecchino?

Ed a questo proposito si vuole entrare nel merito dell’illuminazione “rinnovata” della città: in periferia nuove lampade a Led, con luce bianca, molto più “luminosa”, che fa spiccare i colori veri e reali dei palazzi; nel Centro storico si cambiano le plafoniere (tolte quelle a muro lungo la Biblioteca, molto belle, quelle sospese sono oscene!) ma si lasciano le lampade a luce giallo-arancione, che nulla ha da spartire con quella antica in acetilene, a gas; una luce che appiattisce ogni colore di facciate di case e chiese (e che colori… arlecchineschi!), che fa venire sonno, che fa… poca luce; e comunque, anche in questo caso, diversa dal resto della città ed anche dai fari che illuminano la piazza ed il Comune, bianchi.

E’ possibile che non esista, oltre al piano del colore nel PRG anche un piano del colore per l’illuminazione pubblica? E’ possibile che Caltanissetta debba accettare ogni volontà “cangiante” di tecnici progettisti prima, tecnici comunali dopo, voleri del politico di turno e dei responsabili pro tempore di altri Enti preposti alla salvaguardia? Ancora dobbiamo discutere dell’uniformità delle zone storiche della città invece di occupare il tempo per problemi più urgenti (bollette Ato Ambiente, Ato Idrico, Province, Manovre, Bilancio di previsione e quant’altro)?

Ha ragione l’amico Leandro Janni (del quale non condivido tante idee ma col quale ci si confronta sempre con piacere): viviamo a “Calma-nissetta”, dove le persone sono abuliche, si interessano poco, e, di conseguenza, è facile cambiare, trasformare, modificare, ammodernare con troppa, estrema, aggiungo, estremistica, facilità.

Arlecchino, però, non è la maschera tipica di Caltanissetta. Basta!!!

Antonio Alberto Stella

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